Una panchina, un libroIl silenzio sui crimini nazisti : nel 1979 un telefilm americano rivelava l’Olocausto ai tedeschi, ma una legge aveva sancito l’amnistia generale nel 1968

Ferdinand von Schirach, Il caso Collini, Longanesi, 2012 Non sono una consumatrice di legal thriller e quindi non mi sento di giudicare Il caso Collini da questo punto di vista , anche se mi sembra...

Ferdinand von Schirach, Il caso Collini, Longanesi, 2012

Non sono una consumatrice di legal thriller e quindi non mi sento di giudicare Il caso Collini da questo punto di vista , anche se mi sembra che von Schirach, scrittore e avvocato penalista tedesco, in questo suo secondo lavoro abbia volutamente evidenziato gli aspetti di natura giuridico-sociale, lasciando in secondo piano la suspense.

La trama è presto detta. Un giovane avvocato penalista di Berlino, Caspar Leinen, si trova a difendere d’ufficio Fabrizio Collini, pensionato, emigrato in Germania nel dopoguerra. Collini, reo confesso, ha ucciso l’imprenditore ottantenne Hans Meyer, alla guida di un enorme impero industriale. Ma rifiuta caparbiamente di confessare il movente dell’assassinio. Leinen, dimostrando grandi doti umane oltre che professionali, riuscirà a far emergere il passato di Meyer e le circostanze che hanno condotto Collini a un’azione così violenta.

Non voglio proseguire nei particolari, che potrebbero costituire altrettanti spoiler, ma le note biografiche di von Schirach dovrebbero già mettere il lettore sull’avviso, visto che lo scrittore è il nipote di Baldur von Schirach, che nel 1933 fu capo della Hitler Jugend e, processato a Norimberga, venne condannato a 20 anni di reclusione.

Quello che ho trovato molto interessante è che in questo romanzo von Schirac affronta le proprie origini senza mezzi termini, denunciando come in Germania il nazismo e i suoi crimini siano ancora un tema controverso e, in certi casi, un problema da rimuovere.

C’è un momento “topico” nella narrazione in cui, durante il processo, una testimone della difesa, la direttrice dell’archivio federale di Ludwisburg, in cui sono custoditi documenti attinenti alla fucilazione di ostaggi e partigiani durante il Terzo Reich, riferisce

“Con il processo Auschwitz che si tenne a Francoforte tra il 1963 e il 1965 grandi fasce della popolazione si confrontarono per la prima volta con l’orrore. Ma fu solo alla fine degli anni Settanta che l’atmosfera cambiò davvero, quando la televisione tedesca trasmise una serie americana intitolata Olocausto. Ogni lunedì, tra i dieci e i quindici milioni di persone vedevano quella trasmissione e ne discutevano….”

Incredibile: solo alla fine degli anni Settanta l’opinione pubblica tedesca incominciava ad elaborare il significato dell’Olocausto, e questo grazie a una mini serie televisiva prodotta negli Stati Uniti! Il successo di Holocaust, trasmessa nel 1979 dalla televisione della Germania Occidentale, fu in effetti straodinario dopo 35 anni di silenzio sulle atrocità dei nazisti. Secondo un’indagine della rivista Variety, il 70% degli adolescenti fra i 14 e i 19 anni affermavano di aver appreso di più circa gli orrori del nazismo dalla TV che non a scuola.

Anche in Italia gli orrori dei campi di concentramento tardarono a essere riconosciuti. Se questo è un uomo, il capolavoro di Primo Levi, uscì per la prima volta nel 1947, ma con scarsa diffusione. Solo quando Einaudi, dopo aver rifiutato il libro nove anni prima, lo pubblicò nel 1956, la verità su quanto era accaduto ad Auschwitz e altrove incominciò ad attirare l’attenzione del grande pubblico. Ma in Germania la presa di coscienza nazionale avvenne molto più tardi, a oltre trent’anni dalla fine della guerra.

“Noi oggi viviamo e giudichiamo diversamente rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta” dice la direttrice dell’archivio. Meglio tardi che mai. Ma la questione del nazismo è evidentemente ancora irrisolta in molte coscienze tedesche. E von Schirach lo sottolinea mettendo in luce la spaccatura tuttora esistente fra società e legge su questo tema. Lo scrittore ricorda la genesi di una norma del codice penale tedesco che costituì una scappatoia scandalosa per molti ex-nazisti responsabili di crimini di guerra. Si tratta della modifica dell’articolo 50 del codice penale, in vigore dal 1° ottobre 1968, che ridefinì i concetti di responsabilità diretta, di complicità e di concorso nel delitto. La norma, che porta la firma di Eduard Dreher, pubblico ministero presso il tribunale speciale di Innsbruck durante il nazismo, sembrava cosi irrilevante che non venne neppure discussa dal Bundestag. Ma il risultato effettivo fu un’amnistia generale.

“Questo significava che di colpo i loro reati erano prescritti. I colpevoli furono rilasciati. Si immagini che in quello stesso periodo a Berlino la procura stava preparando un enorme processo contro l’ufficio centrale della sicurezza del Reich…I funzionari di quell’ufficio, che avevano organizzato i massacri in Polonia e in Unione Sovietica, gli uomini responsabili di milioni di morti tra ebrei, preti, comunisti e rom, non poterono più essere chiamati a rendere conto…”

In Germania Il caso Collini ha venduto oltre 300mila copie nelle prime due settimane : segno che, come spesso accade, la società è più avanti della legge.