Che cosa succede in un paese quando si verifica una grande crisi di consenso del sistema partitico, perlopiù bipolare, durevole da anni e questo nel bel mezzo di una pesante situazione di crisi economica, sociale e di investimenti che nessuno riesce a fronteggiare? È quello che accadde all’inizio degli anni ‘90 in Venezuela quando i due grandi partiti Accion Democratica (simil-socialdemocratico) ed il Copei (simil-cristianosociale) vennero colpiti da una spirale di corruzione, impotenza e persero prima la metà dei loro voti, per poi essere perfino costretti ad unirsi contro le crescenti formazioni movimentistiche nate nel paese, che alla fine ebbero il sopravvento. È ciò di cui ci parla Piero Armenti in un suo articolo-dossier per la rivista di studi geopolitici “Ventunesimo Secolo” (anno IX, febbraio 2012 – edizioni Rubbettino), andando a scavare oltre i luoghi comuni su Hugo Chavez, il Venezuela dei petrodollari e parlando invece degli sconvolgimenti di un paese, pur lontano anni luce dal Patto di Varsavia, alla fine della Guerra Fredda ed in pieno impatto con l’economia reale ed internazionale. Eppure chissà perché non si può fare a meno di guardare a questo spaccato di storia venezuelana che ci racconta l’autore, con gli occhi italiani dei giorni nostri e mi bacchetterà Armenti se lo faccio, ma come non farlo… Forze tradizionali che implodono, movimenti che crescono, crisi economica, la buona volontà di riforme liberali giuste ma al momento sbagliato. “Non è tanto la conseguenza di una dinamica Usa-Urss ma Nord-Sud…In sostanza è una crisi tipicamente latinoamericana e va fatta risalire alla spirale di debito ed impoverimento che è una costante nell’America Latina degli anni ’80 e ‘90”. Così viene descritta la crisi venezuelana che partorisce l’attuale situazione. Già, ma oggi quel Sud sta diventando Nord ed il Nord fa i conti con le cavalcate populiste mentre il Venezuela dimostra quanto non sia stato così negativo trovare chi colma il vuoto della politica, visto che l’alternativa sarebbe stata nei paesi latini il militarismo e qui sarebbe l’anarchia ed il terrorismo. “L’idea di una democrazia partecipativa, mutuata dal comunismo cubano, montata sopra la vecchia democrazia elettorale, ha creato un sistema misto con diverso momenti di partecipazione diretta della cittadinanza”, dice Armenti quasi sfatando un tabù, nel parlare di comunismo cubano, di chavismo, unito al liberismo controllato, ovvero quel social-liberismo di cui tanti parlano per slogan e sigle di partito ma nessuno riesce a concretizzare per paura o per sfiducia. Ed ancora una volta questo testo dimostra che guardando indietro nel passato e verso altri mondi, si gettano idee per il futuro.
11 Giugno 2012