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Ieri, qui su Linkiesta, si parlava della società eccitata dedita al sensazionalismo. Questo era già chiaro alcune settimane fa quando è uscita la notizia bufala secondo cui dei poliziotti tedeschi...

Ieri, qui su Linkiesta, si parlava della società eccitata dedita al sensazionalismo. Questo era già chiaro alcune settimane fa quando è uscita la notizia bufala secondo cui dei poliziotti tedeschi, in una manifestazione a Francoforte, si erano tolti i caschi ed avevano marciato con il corteo condividendone ideali e scopo. La notizia, smentita poi da Linkiesta, ha fatto il giro del mondo su Facebook divenendo notizia, tanto che in questo tranello c’è caduta anche Repubblica.it, che pur di pubblicare una notizia del genere non ha minimamente controllato le fonti, si è fidata di una foto male interpretata da una didascalia scritta da chissà chi.
E’ significativo che sia notizia ciò che viene maggiormente condiviso, è una trasformazione agghiacciante del nostro modo di intendere la verità. Anni fa, quando Wikipedia muoveva i primi passi, in pochi si fidavano di questa enciclopedia libera, l’opinione generale era che dato che tutti potevano modificare contenuti allora c’era poco da fidarsi, lì dentro c’erano un mucchio di stronzate. Io una volta mi iscrissi alla grande comunità di Wikipedia e già soltanto per leggere tutti i pdf su come modificare una voce avrei avuto bisogno di ore. Non si modifica una voce con due click, aggiungendo che comunque sia se vengono scritte cose senza una fonte attendibile viene precisato.
Adesso invece basta una foto e tutti ci credono, denota come la nostra sia una cultura in cui l’immagine prevale sul testo. Si è ancora così ingenui da credere che una foto sia oggettiva, affidabile. Ma non serve molto per modificare una foto, già soltanto una diversa angolazione e la “verità” cambia. Vi faccio il classico esempio dell’uomo con da un lato un soldato che gli offre da bere e dall’altro ha una pistola puntata alla tempia. Spesso vengono diffuse notizie, anche da quotidiani online di successo, in cui vi sono solo foto ed una breve didascalia che le descrive tutte.
Il fatto che certe bufale divengano notizia è anche dovuto ad un processo mentale: il framing. Il nostro cervello sfrutta dei frame che ci portano a selezionare informazioni a discapito di altre, a narrativizzare la realtà seguendo schemi che ne semplificano la complessità. Il framing definisce la confezione di un elemento di retorica in modo da incoraggiare certe interpretazioni e scoraggiarne altre. Tra i maggiori studiosi di questo processo di influenza selettiva c’è George Lakoff.
Lakoff individua cinque frame, tra questi quelli più pertinenti riguardo questo articolo sono:

  • Best fit: la mente nasconde i dati non conformi per fare minore fatica. Questo ci porta a cercare le notizie che confermino la nostra visione del mondo. Come i berlusconiani che negavano ogni processo al cavaliere additando i magistrati come toghe rosse, atte ad organizzare un complotto contro Silvio. Mentre invece gli anti-berlusconiani relegavano in un angolo la corruzione di alcuni politici del centro sinistra.
  • Emotivi: ogni storia suscita emozioni in maniera impercettibile. Questo frame ci porta al sensazionalismo, nel caso della manifestazione a Francoforte si evince come ci sia il bisogno di “good news” in mezzo ad un oceano di brutte notizie che sembrano non finire mai.
  • Incorporati: cambiare modo di inquadrare situazioni comporta uno sforzo fisico. E’ il motivo per cui spesso è inutile discutere con chi la pensa in maniera diversa da noi.

Rendere le situazioni meno complesse, semplificandole, è uno dei motivi per cui il video virale Kony 2012 ha avuto questo grande successo, ma di questo magari parlerò un’altra volta.
Quando la tua mente è portata, per sua natura, a farti fare il minimo sforzo, se cerchi notizie che confermino la tua visione del quotidiano, in questa rete di infinite notizie ed informazioni, le troverai. E dato che difficilmente cambierai il tuo modo di pensare non ti preoccuperai di controllare le fonti. La cultura bassa, nata grazie al web 2.0, permette a tutti di dire tutto e di fare informazione. Ma ritengo sia solo un illusione, crediamo di essere liberi e di avere il controllo. La massificazione è sempre dietro l’angolo, anche i piccoli blog che fanno informazione seguono i trend. Se i trend sono: il terremoto, la morale di Prandelli e il Movimento a 5 stelle di Grillo, allora chi vuole essere visibile li sfrutterà. Scriverà l’ennesimo articolo, l’ennesimo punto di vista che nulla aggiunge. Questi trend delineano tutto, si riflettono anche sui risultati di ricerca di Google (leggete questo post di Massimo Mantellini in merito). Il motore di ricerca oramai filtra da subito i risultati, vi impone l’attualità a discapito di tutto il resto.
Quanti articoli sono stati scritti sul terremoto? Troppi. Io abito in un paesino abruzzese sulla costa, quando ci fu il terremoto a L’Aquila ero lì, sentii tutte le scosse di quella terribile settimana. Dormivo poco e male. Il mio paese fu invaso da tutti gli sfollati, i nostri hotel pieni. Alcuni di questi non avevano un riscaldamento essendo aperti solo durante la stagione estiva. Guardavo il mio paese in questa insolita “stagione turistica” anticipata. Vedevi loro e sapevi che non avevano più una casa dove tornare, pensavi ai cari che avevano perso sotto le macerie. Ammiravi l’orgoglio degli aquilani, tra cui mia zia, che volevano tornare a casa, magari stare anche nella tendopoli pur di stare vicini alla propria città caduta in disgrazia.
Vedevi come dovevi addirittura metterti in lista per dare una mano e ti sentivi impotente, ti sentivi una merda a non far nulla per loro. Vedevi come alcuni di loro non avevano neanche più un vestito e dovevano adeguarsi con vecchi vestiti donati da altri.
Vedevi tutto questo e credetemi un ennesimo articolo di approfondimento sul terremoto, un’analisi sociologica dei terremotati non serviva proprio a nessuno. Vedevi tutti questi inutili e superflui articoli per quello che erano: bieco sciaccallaggio mediatico per fare numero.

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