Tutto è cominciato, almeno a mia memoria col post del 21 aprile 2012 che Massimiliano Gallo ha dedicato nel suo blog personale al coinvolgimento di Conte nel caso scommesse. La disinvolta affermazione sul coinvolgimento della Juve in una faccenda che, in ogni caso, riguarderebbe il Conte tesserato del Siena, e la discutibile affermazione per cui “il garantismo vale anche per gli juventini (a volte è dura essere garantisti, lo ammetto)”, hanno prodotto una selva di commenti risentiti adeguati al tono del post (e forse all’autore saranno pure piaciuti, chi lo sa).
Io, devo dire la verità, pensavo si volesse scherzare, anche perché prima di allora gli interventi relativi a calcio e sport apparsi sulla testata e su alcuni blog a ciò appositamente dedicati erano stati decisamente meno sguaiati e, soprattutto, volti a prendere in considerazione questioni di una certa serietà: così si conviene, del resto, quando si parla di un tema, quello calcistico, di assoluta rilevanza economica (l’effetto moltiplicatore degli investimenti nel settore è pari solo a quello del narcotraffico), identitaria (basta guardare quanto il discorso sportivo strutturi le prese di posizione dei nostri politici) e geopolitica (le questioni sull’Ucraina ospite degli Europei parlano da sole). Tra l’altro, proprio lo stesso autore stava offrendo sul tema della presenza gay nel calcio spunti di riflessione in cui non mi riconoscevo del tutto, ma che effettivamente aprivano uno spazio interessante su un tema meno irrilevante di quanto qualcuno si ostini a credere. Così mi sono limitato a ricordare con una frecciata che certe insinuazioni sarebbero più accettabili da parte dei tifosi di squadre la cui storia è caratterizzata dall’assoluta trasparenza, e non era certo questo il caso, non solo perché Moggi non ha iniziato la sua carriera alla Juve.
Gallo ha però perseverato, con post calcistici peraltro assai più frequenti di prima, oltre che più sugaiati, fino ad arrivare a vette come questa, di pochi giorni fa. Spero non si voglia prendere in giro la gente dicendo che anche quella roba è un contributo per un’informazione di qualità e per lo sviluppo di un’opinione meglio fondata, perché sarebbe eccessivo. Fatto sta che l’autore di uscite simili non può certo lamentarsi se la sua credibilità quando parla di calcio è ormai pari a zero qualunque cosa dica. Se si vogliono produrre reazioni scomposte, quando arrivano si prendono.
FInora, comunque, siamo rimasti nel campo di un blog individuale, autogestito, che impegna l’autore e basta e che può anche essere usato per uscire dal seminato: sono abbastanza sicuro che se l’autore dei post linkati sopra non avesse un ruolo di redazione difficilmente pezzi così sarebbero stati rilanciati sulle pagine dei social network (che è poi l’elemento fondamentale per dare visibilità reale a un post), ma queste sono scelte assolutamente legittime, e in quanto tali indiscutibili da parte mia. Non ci si è però fermati a questo, visto che un modo simile (forse un filo meno diretto nell’insulto e un po’ più sottile) di affrontare il tema calcio si è andato consolidando anche negli articoli, che invece impegnano la testata assai di più. Il caso peggiore il giorno dopo la finale di Coppa Italia, con l’ormai nota storia di Mazara del Vallo, presentata da un pezzo in cui l’offesa alla tragedia di Brindisi sarebbe stata perpetrata solo in caso di esultanza bianconera: per fortuna “ci ha pensato il Napoli a decretare la quiete dei tifosi bianconeri e a riportare, almeno in città, il giusto silenzio nella notte del dolore”, e a dare la stura a una gioia che notoriamente, viste le circostanze, è stata vissuta con la compostezza tipica della tribuna reale al campo centrale di Wimbledon. E giusto per non scontentare nessuno, direi che anche ospitare tirate del genere contro giocatori che hanno fatto la storia del calcio degli ultimi anni con un’altra maglia a strisce dovrebbe contrastare con un adeguato controllo di qualità.
Tra i lettori che commentano, e anche tra i miei contatti che leggono abitualmente Linkiesta (e che si rivolgono a me per saperne di più come se fossi interno alle loro faccende, cosa che non è assolutamente vera, visto che io mi limito a leggere e a tenere un blog che è assolutamente personale) inizia a serpeggiare una spiegazione per tutto questo. Molto semplicemente, dice qualcuno, questi hanno bisogno di aumentare il traffico, lo fanno buttando in caciara un argomento che vi si presta, e infatti vanno sul sicuro, consapevoli che a sputare veleno contro la squadra più amata e odiata d’Italia, e in generale a trattare il calcio con la superficialità del discorso da bar, la rissa di commenti e condivisioni favorevoli e critiche si ottiene sempre.
Se fosse vero, sarebbe un fatto gravissimo. In primo luogo perché il giornale verrebbe meno alla missione per cui è stato concepito, quella cioè di offrire contributi di qualità senza perdersi in quelle polemiche sterili e irrilevanti che hanno fatto decadere così profondamente la professionalità del giornalismo italiano. Cioè, va bene il tentativo di adeguarsi alle richieste e alle tendenze dei lettori, in fondo la costruzione di una “comunità” di utenti dovrebbe portare a questo, ma fare così per inseguire qualche click sarebbe ingiustificabile. E non è tutto. Se davvero Linkiesta dovesse abbassarsi a questi mezzucci, allora significa che qualcosa nel piano editoriale è andato storto, e che si deve disperatamente ricorrere il traffico perché evidentemente l’idea della diffusione “qualitativa” non paga quanto dovrebbe.
Le implicazioni di questa spiegazione, insomma, sono così gravi che io non ci credo, se non altro perché esistono sistemi decisamente più efficaci e meno rischiosi per la reputazione delle firme per ottenere gli stessi risultati, come mettere una gallery al giorno di qualche starlette a tette di fuori, espediente usato per garantirsi una buona messe di contatti un po’ da tutti i siti d’informazione, da Repubblica alla Gazzetta a Lettera43. E poi, anche per ragioni professionali, ho imparato a non postulare mai malafede e disonestà intellettuale quando non è necessario e tutto si può tenere interpretando le cose in altro modo.
Secondo me le cose sono molto più semplici: qualcuno ha iniziato a insultare una squadra, ha visto le reazioni, lo ha rifatto, ha trovato reazioni simili, ed evidentemente in redazione hanno cominciato a divertirsi per la possibilità di produrre a comando reazioni condizionate di stampo quasi pavloviano. Il senso di potere che evidentemente dà questa capacità di imprimere sentimenti e comportamenti nelle folle, oltreché l’idea sbagliata che il calcio possa essere un tema “minore” su cui allentare un po’, ogni tanto, la tensione verso la buona fattura dei servizi, ha fatto un po’ sfuggire di mano il tutto, come spesso succede in questi casi, e siamo arrivati fin qui. Si tratterebbe, in questo caso, di una dinamica sicuramente più onesta e innocente di quella che altri hanno ipotizzato. Questo non vuol dire che divertirsi così sia cosa buona e giusta.
Ora i lettori che sono arrivati fin qui (credo ben pochi: la maggior parte commenta fermadosi al titolo e alla presentazione sulla pagina facebook, dove probabilmente il pezzo sarà pubblicato, altrettanto probabilmente accompagnato da una breve presentazione redazionale velata di una sottile ironia, come di solito succede in questi casi) si chiederanno perché ho scritto questa roba. Semplicemente perché mi è stato ripetuto più volte che il mio scarso/nullo apprezzamento per Gallo quando sbraca parlando di calcio è dovuto al mio gusto personale, in particolare alla mia fede juventina. Rispondendo anche alla mission del mio blog, ho chiarito come e perché non si possa derubricare il tutto semplicemente in questi termini, e che esistono (certamente a fianco di quelle di gusto) anche ragioni di preoccupazione decisamente più oggettive. Maneggiare un tema popolare e sentito al solo scopo di buttarlo in vacca non è mai una buona idea, e alla lunga può creare problemi.