Ieri, Mario Monti è andato a L’Aquila, in visita alla caserma della Guardia di Finanza. Di cosa avrà colto l’occasione per parlare, il Premier? Di lotta alla piaga dell’evasione fiscale.
Scontato? Più che scontato, doveroso; tuttavia, drammaticamente incompleto. Anzi, freudianamente incompleto. La Guardia di Finanza, a differenza dell’Agenzia delle Entrate, ha compiti assai più ampi della sola lotta all’evasione fiscale. Essa svolge anche un ruolo fondamentale nel contrasto dei reati contro il patrimonio pubblico e la pubblica amministrazione. Eppure, niente da fare: esiste solo ed esclusivamente l’evasione fiscale nei pensieri del nostro Governo, perché “erode la legalità e mina il patto con i cittadini”.
Non vi è dubbio che l’evasione fiscale eroda la legalità, ma non è forse vero che altrettanto si può dire della corruzione e degli sprechi nel settore pubblico? E non è forse vero che il patto con i cittadini risulta mille volte più violato quando un rappresentante del popolo o un funzionario pubblico sono infedeli rispetto ai loro doveri di ufficio, di quanto venga minato quando altri privati cittadini sono infedeli rispetto alle proprie dichiarazioni dei redditi?
Giusto ieri ci rallegravamo per il deposito al Senato di un disegno di legge per l’istituzione di un’Agenzia delle Uscite, con poteri speculari e missione complementare a quella delle Entrate.
È però evidente che, ai piani più elevati, si continua ad essere sordi ad un desiderio di legalità che i cittadini non respingono affatto, ma, nel nome dell’equità, quella vera, vogliono semplicemente vedere declinato in tutte le sue implicazioni. Invece, con ossessività a tratti davvero sgradevole, lo vedono declinato sempre e soltanto nel senso del trascendente dovere di contribuzione fiscale, nella crescente consapevolezza che ciò viene propugnato principalmente perché lo Stato possa restare il più possibile qual esso è attualmente.
In quest’ultimo anno, l’unica carica dello Stato di un certo rilievo, cui va dato atto di aver sempre cercato di riportare su un piano di pari attenzione le ruberie sul lato delle entrate e quelle sul lato della spesa, è il Presidente della Corte dei Conti. C’è infine da chiedersi cosa intendesse il Premier quando ha affermato: «saremo intransigenti con i più forti e comprensivi con i più deboli e avremo la capacità di saper distinguere i primi dai secondi». La perequazione fiscale tra forti e deboli si fa con la quantificazione delle imposte da ciascuno dovute. Cosa c’entra tutto questo con la lotta all’evasione fiscale che attiene invece al recupero di quel tanto o quel poco, qualora non venga spontaneamente dichiarato e versato?
E chi sono i forti? Quelli che, nonostante tutto, denotano un buon tenore di vita e grazie al cielo contribuiscono ancora a tenere in piedi consumi e sistema? Quelli che possono permettersi il lusso di mandare avanti un’azienda o uno studio e magari pagare persino degli stipendi a dipendenti e collaboratori? Sono questi i forti nei confronti dei quali essere intransigenti e recuperare tutto quello che ancora si può recuperare? Senza contare che, in un Paese sempre più debole per consentire allo Stato di rimanere forte, è proprio sulle ruberie sul lato della spesa, prima ancora che delle entrate, che la “regola aurea” di Monti dovrebbe tradursi in azioni concrete.
La gran parte dei forti, oggi, purtroppo stanno lì o da lì attingono.