Amo Jamie Oliver. Mi ha fatto divertire come poche cose il suo giro di UK e USA nel tentativo di fare cultura attorno al cibo attraverso il piccolo schermo. Al di là di qualche esagerazione tipicamente televisiva, Jamie Oliver’s Food Revolution è davvero carino e intrattiene facendo anche pensare: al nostro rapporto con il cibo, ai problemi di sovralimentazione dell’Occidente.
Quello che non capisco è quando uno chef, come Jamie Oliver, viene invitato a una conferenza importante come LeWeb, il più importante appuntamento attorno alle tecnologie del web, che contributo può dare? Se guardate il video della sua intervista accanto al fondatore di Instagram, Jamie racconta come usa i social media per fare questo o quell’altro. Al netto di un po’ di amabile humor anglosassone, snocciala una serie di banalità da bar. Come se qualcuno di noi si mettesse a parlare di un argomento che conosce solo marginalmente. Ma il punto è: a chi interessa sapere cosa pensa delle potenzialità di Instagram o Twitter un cuoco?
Eppure sembra che si stia arrivando al punto in cui nononastante il web e internet sono sempre più al centro della nostra vita quotidiana non si possa parlarne con gli “esperti” o, almeno, con qualcuno che ha qualcosa da dire. Bisogna invitare il vip di turno per attirare attenzione. Questa inclinazione me la aspettavo in un paese come l’Italia, ma non da un evento franco-inglese come LeWeb, che non avrebbe bisogno di alcun tipo di questa pubblicità di quart’ordine. Più che una chiacchierata dentro a una conferenza sulle frontiere della tecnologia quella di Jamie Oliver sembra un intervento da conferenza di marketing guru.
Ma voglio rassicurare Jamie: continuerò a guardarti, nonostante ti abbiano fatto pisciare fuori dal vasino. (marco boscolo)