Quando Anna, uscendo dall’asilo, mi ha chiesto: “Mamma, posso andare a giocare a casa di Antonio?”, ho pensato che era fatta, che tutto stava andando come doveva andare, che eravamo più avanti di quanto pensassimo, che la nostra vita era meravigliosamente normale. E infatti mi sbagliavo. Cioè, il primo pomeriggio è andato tutto bene, rafforzando in me la fuorviante convinzione di trovarmi sulla strada giusta, ma la verità mi attendeva, spietata, già al secondo.
Siamo andati a prendere la piccola Anna a casa di Antonio con mio marito, che quel giorno aveva smesso di lavorare prima, così, pensando di fare cosa gradita. Ci siamo trovati davanti una diavoletta a piedi scalzi con la bocca cerchiata di molliche al cioccolato che non aveva nessunissima intenzione di tornare a casa con noi. Ho tirato fuori l’armamentario delle grandi occasioni: dolcezza, fermezza, ancora dolcezza, ancora fermezza, qualche promessa allettante di cose fichissime che ci attendevano una volta tornati a casa, ma niente. La piccoletta voleva restare da Antonio. E non si limitava a usare le parole, piangeva e strillava…
Leggi tutto il post su www.amalteablog.com