Bo-ia-ta. Prima ieri sera gli onorevoli Lupi (PdL) e Bindi (PD) se ne sono indignati dalla Gruber ospiti di “8 e 1/2”, poi oggi se ne indigna Gramellini sul “Buongiorno” tracciando anche una piccola analisi social-linguistica: una parola che ha fatto tanto rumore.
Il fatto. Il nocciolo della questione, senza farci troppi giri attorno, è che il neo presidente di Confindustria, Squinzi, ha dichiarato che la nuova riforma del lavoro a firma di Elsa Fornero è una boiata. Attenzione però: il problema non è che ha torto, ma che avrebbe dovuto utilizzare un linguaggio differente.
Bindi, Lupi e Super-Grame. Secondo l’esponente del Partito Democratico e secondo quello del Popolo della Libertà avrebbe dovuto utilizzare un linguaggio più istituzionale, meno da caserma. Probabilmente avrebbe dovuto dire che “questa riforma non corrisponde a quel che ci potevamo spettare. Mancano provvedimenti strutturali che incentivino le assunzioni e vengono anche ritoccati istituti giuridici che fino ad oggi erano sinonimo di tutela dei diritti dei lavoratori”. In sintesi è una Bo-ia-ta, come ha detto Squinzi anche se le motivazioni del presidente di Confindustria saranno altre rispetto a quelle che allego io per il giudizio. Secondo il Gramellini invece una volta vi era un linguaggio più alto e oggi “fra potenti e sudditi non c’è più alcuna differenza di stile, di cultura, di sogni. Soltanto di soldi”. A me le differenze classiste non piacciono.
Un mondo di ipocriti. Aggrapparsi ad una parola, Bo-ia-ta, per evitare il discorso. Si chiamano armi di distrazione di massa. E’ il classico dito che punta la luna: chi guarda il dito e chi la luna. Bindi e Lupi ieri hanno ribadito che la riforma della Fornero non piace, ma che la voteranno. Gramellini non entra nel merito della questione: perché Squinzi ci dice che quella riforma è una Bo-ia-ta?
Lezione di oggi: quando qualcuno solleva una questione, che magari può metterci in difficoltà, è sempre meglio cercare un appiglio per farlo diventare ridicolo.