Lampàdion si affaccia dalle quinte. Non riesce a vedere se c’è qualcuno davanti. Azzarda qualche passo verso il centro della scena.
12 Novembre 2011
“…per due giorni, non porto il cellulare. Ci sentiamo quando torno, C.”. Clicco su INVIA e mi accorgo di quanto sia tardi. Riempio la borraccia, esco di casa e guadagno in fretta le scale di via Elpide, strusciando il dito sul muro ruvido mentre scendo i gradini a due a due.
Nell’uscita d’apertura dell’anno, i più grandi di ogni branca passano a quella successiva. Si bussa, si accoglie o si dice addio – a dodici anni salutando il Branco, a quindici il Reparto, a venti il Clan. Ecco, brillano le ultime fiamme, mentre la legna si sbriciola con voce dolce. Quando si spegne il fuoco, il mio gruppo canta una canzone che sa di notte d’estate, anche nelle uscite in tenda durante l’anno.
Vento della sera, tiepida e leggera, in quest’atmosfera, di serenità. Tutti attorno al fuoco, riposiamo un poco, e cantiamo assieme le vecchie canzon. Cantiamo anche per voi, fratelli lontan, un giorno voi partendo ci deste la man, e ancora vi vediamo, voi siete ancora qui, e assieme a voi cantiamo, come cantammo un dì…
I fratelli e le sorelle lontani negli anni diventano tanti. Penso a G., ma insieme agli altri, non quanto farei se sapessi che proprio in quei giorni si tiene il convegno nazionale “Omosessualità: nodi da sciogliere nelle comunità capi – l’educazione fra orientamento sessuale e identità di genere”, che farà titolare
4 Maggio 2012
Gli scout cattolici e l’omosessualità: i capi gay sarebbero un problema a la Repubblica;
Scout cattolici: i capi omosessuali sono un problema educativo al Corriere…
Andavo su e giù con il mouse. Pochi giorni prima che Obama riconosca gli effetti di Will and Grace sulla percezione dell’omosessualità negli Stati Uniti, immagino una serie TV sugli scout, che non ignori i mesi di
Novembre, Dicembre, Gennaio, Febbraio, Marzo, Aprile, Maggio 2012,
e mostrando cosa è successo dalla prima uscita ad oggi restituisca all’associazione una pluralità di voci distinte, al posto di un approssimato cortocircuito di pugni impazziti: Catechismo della Chiesa cattolica batte le condotte particolari, condotte particolari batte Metodo scout, ma Metodo batte Catechismo. Arrivati alla puntata di oggi, ogni personaggio avrebbe la sua particolarissima reazione in quel meccanismo di retro-alimentazione che ci porta discutere fra noi delle immagini di noi stessi date da altri.
7 maggio 2012
Capisco che è l’ora della riunione perché i pini davanti alla finestra si fanno verde scurissimo, e si sente già il rumore dei piatti degli altri che tra poco si metteranno a tavola. Metto un segno agli appunti di Storia delle religioni, ficco il quaderno di caccia nella borsa e rispondo “a riunione” a mio padre. Faccio le scale di corsa, non tanto per la fretta quanto per generica allegria, e dall’alto cerco di vedere se c’è ancora qualcuno fuori, o se sono già tutti dentro. Son già tutti dentro. Arrivata, mi siedo sulla panca, e mentre cerco di capire di che parlino, se degli articoli – “sono parziali”, o degli atti del convegno – “sono lunghi da leggere”, o di chi li avesse postati su facebook, cerco di stabilire il posizionamento della comunità rispetto all’oggetto religioso. Li spalmo sulla scala, appropriandomi delle categorie appena evidenziate negli appunti: i “Caretakers”, “Custodi”, credenti; i “Critics and caretakers”, dentro l’esperienza religiosa ma in posizione critica; i “Critics” e basta; gli “Undertakers”, becchini dell’oggetto religioso. Mi chiedo se un regista sarebbe stato capace di comporre anche quest’identità per ciascuno, puntata dopo puntata.
Ormai si è capito che questa riunione se ne va così, a parlare. Interviene L., e consigliando di andare a leggere l’articolo de Il Fatto Quotidiano – “quello è meglio”, fa il critic and caretaker già arreso, abbracciando la linea “per essere cattolici, [accettare i capi omosessuali basta che non facciano coming out] guarda che è già tanto”. Sorrido: da quando al Reparto si divertiva a farmi arrabbiare con trovate come chiamare l’accendino frocio quando non funzionava, entrambi abbiamo cambiato il nostro posizionamento. La scorsa estate abbiamo preparato insieme la catechesi per il campo, dedicando la prima giornata al libro di una suora teologa, Elisabeth Johnson; la notte delirante in cui aspettavamo che tutti i libretti della catechesi si stampassero, abbiamo letto allibiti su internet i commenti sessisti diretti all’autrice, in una temporanea alleanza dei nostri dubbi personali.
Intanto, è vero, sto quasi urlando. Mi convinco che però ora un regista mi concederebbe un flashback di cattivo gusto, con echi e colori sfumati, per Settembre 2009: io che lascio frastornata il leggio per la Preghiera dei fedeli “… o che non si citi il Simposio nell’omelia, almeno. Per questo noi ti preghiamo”, che mi faccio male alla caviglia sul gradino dissestato delle scale, per correre lontano dalle accuse di esibizionismo al segno della pace, lontano da un posto che non può essere mai veramente casa per me. Ne esce un intervento più undertaker di quanto intendessi.
Ora R. – in generale un caretaker puro – si sente di dover sdrammatizzare “Che leggi un blog di lesbiche lo dici a noi che ti conosciamo bene, altrimenti tienitelo per te, eh”, ma io sto già pensando ad altro, che gli sono grata, per quando si divertiva a vestirsi da donna al fuoco di Reparto. A quanto pare è frequente in molti gruppi, e alla riunione di Zona i capi si erano anche interrogati sul fenomeno, in una discussione che purtroppo non ha prodotto atti da saccheggiare. Valeva la pena magari di svilupparla in una riflessione intorno al rapporto tra tecniche di espressione scout e costruzione sociale del genere, e vedere cosa si poteva rispondere all’intervento al convegno di Dario Contardo Seghi, che afferma che la “teoria del gender” vuole educare all’asessualità o all’unisessualità, e che pertanto gli scout non possono essere d’accordo.
“Ma se non siamo sicuri sulle cause, allora forse sarebbe meglio non rischiare, non avere capi omosessuali, potrebbero influenzare” aggiunge F. prendendomi alla sprovvista, e quasi dispiaciuto, sapendo di farlo. L’Istat ci ha informati che il 41,4% degli italiani non vorrebbe insegnanti omosessuali. Allora la lotta è la stessa, da intraprendersi da tutti critics, che siano caretakers o no? Oppure i critics and caretakers non hanno cittadinanza, come ci ricorda messainlatino.it? “E allora G.?” gli rispondo. “G…? Io non lo sapevo che fosse lesbica”. Penso che ciò che di più forte G. mi ha lasciato, è un modello ricco e alternativo di donna, da cui ho preso qualcosa per cercare di capire più liberamente che donna voglio essere io.
Lampadion (illustrazione di Mariagiulia Colace)