La Slovenia ha festeggiato oggi la sua festa nazionale, ricordando l’anniversario della dichiarazione d’indipendenza del 1991. Una violenta polemica ha però accompagnato la celebrazione: durante la ricorrenza il governo Janez Janša, infatti, ha esplicitamente vietato l’esibizione delle bandiere partigiane usate durante la resistenza all’occupazione nazifascista, nella seconda guerra mondiale.
Alla SUBNOR, associazione degli ex-partigiani, è stata inoltre vietata la partecipazione alla manifestazione. Le due misure hanno scatenato l’opposizione della sinistra, che ha ricordato come la nazione si basi ancora sugli stessi principi per i quali si è combattuto nel 1941: il partito del centro-sinistra, “Slovenia Positiva” (Pozitivna Slovenija, PS), ha affermato che si tratta semplicemente di un tentativo per creare ulteriori divisioni nella popolazione slovena.
Ma per decisione della SDS (Slovenska Demokratska Stranka), il partito conservatore di Janša, durante la festa nazionale hanno trovato posto soltanto i simboli dello Stato e delle associazioni di veterani della guerra del 1991, escludendo così di fatto i simboli legati al periodo del comunismo titino. I giovani della SDS si sono detti a favore di questa decisione, rincarando la dose e sottolineando che “i simboli della vecchia Jugoslavia sono il retaggio di un regime comunista e totalitario con il quale la Slovenia ha rotto ogni legame al momento dell’indipendenza”.
Con Janša si è schierata anche la Chiesa attraverso le parole del cardinale Franc Rode: “dobbiamo chiederci chi sia il vero responsabile della creazione di queste divisioni interne alla Slovenia. La verità è che l’unico colpevole è il Partito Comunista Jugoslavo”, ha dichiarato il religioso all’emittente POPTV. “La guerra del 1991 venne combattuta proprio contro chi, quelle stelle rosse, le utilizzava ancora”.