Da mamma a mamma: Take it Easybaby!Una mamma in carriera

Oggi giornata d’interviste, sto preparando le domande per le ospiti di un nuovo programma pensato per raccontare acrobazie quotidiane e imprese delle mamme lavoratrici. Comincio le telefonate con l...

Oggi giornata d’interviste, sto preparando le domande per le ospiti di un nuovo programma pensato per raccontare acrobazie quotidiane e imprese delle mamme lavoratrici.
Comincio le telefonate con l’idea che sarà un impegnativo lavoro di redazione e che dovrò essere io a cercare una storia nelle loro storie e invece, da copione, non avrei potuto sbagliarmi di più.
Ho aperto il vaso di Pandora e onestamente, anche se ci sono passata, non avevo idea di quanto fosse profonda la tana del Bianconiglio.
C’è chi è stata licenziata mentre era incinta e si è reinventata fotografa, c’è chi per non perdere il lavoro e non essere mobbizzata è stata a casa una settimana sola dopo il parto, c’è chi fa tre lavori per arrivare a fine mese, c’è l’ex direttrice marketing che crea gioielli, c’è chi stanotte lavorerà per mettersi in pari con i colleghi, c’è chi, e sono tantissime, un lavoro non lo trova più: secondo l’Istat, la percentuale di mamme occupate è del 58,5% per le donne con un figlio di meno di 15 anni, e del 54% quando i figli sono due. Se poi i figli sono tre o più, la percentuale precipita al 33,3%…inutile dire poi che se parliamo di occupazione femminile siamo il fanalino di coda dell’Europa.
Fateci caso, dici Italia, dici fanalino di coda.

E poi c’è la mamma che mi racconta una storia che mi colpisce così tanto che alla fine sono io a raccontarmi a lei e non più il contrario e la telefonata si trasforma in una mezza seduta di psicanalisi in cui tutte e due non sappiamo più se ridere o piangere.
Oltre alla voglia di essere una mamma e quella di arrivare sul lavoro “anche se” – come se potesse essere vissuto come un ostacolo – a casa c’è un bambino che ci aspetta, quello che ci accumuna tutte sembra essere il senso di colpa.
Senso di colpa se facciamo carriera e rubiamo tempo alla famiglia, senso di colpa se per sbaglio siamo più brave dei nostri mariti, senso di colpa al supermercato perché dovremmo essere in riunione, senso di colpa in riunione perché dovremmo essere al supermercato, senso di colpa verso i colleghi che ci vedono scappare all’asilo, senso di colpa al parco, senso di colpa al telefono.
Ma perché?

Perché senza aiuti non rimane che il teletrasporto o il funambolismo: vite col fiato sospeso e le dita incrociate perché se salta un tassello, salta tutto.
Maria Volpe, giornalista del Corriere, racconta che secondo un recente studio la giornata delle donne-mamme-lavoratrici dura 27 ore (da qui il nome del blog) nel duplice senso che un giorno dovrebbe durare tre ore in più del normale e che le donne riescono non si sa come a far stare tutto quanto in sole 24 ore…che fatica!

Bisogna veramente scegliere fra essere una mamma di serie B o avere un lavoro di serie B? Le mamme con cui ho chiaccherato oggi inaspettatamente mi hanno dimostrato che il lieto fine capita.
Forse sentirsi in colpa tutte insieme fa bene al cuore, forse.

A voi come va?