L’Italia riesce ad offrire una vivacità di paesaggi e una variabilità di opere d’arte e di stili architettonici unici. Infatti, da quasi ogni suo punto (non me ne vorranno gli aostani o i bolzanini), il mare non dista più di due ore d’auto e lo stesso si può dire di paesaggi montani (in questo i succitati sono molto avvantaggiati). Come è possibile rintracciare opere di tutti gli stili e sapori: da una chiesa romanica a una barocca, da un affresco od un quadro di qualche maestro del cinquecento a un bassorilievo medievale. Per questo un viaggio in bici può essere intrapreso in qualsivoglia direzione, ognuna avrà sempre le sue peculiarità da mostrare.
Risiedendo a Frascati,città alla quale il grande Goethe riservò queste parole :”ho passato alcuni giorni a Frascati. Un paradiso” (12 settembre 1787), situata alle prime pendici del Vulcano Laziale e dirimpetto alla Città Eterna, le strade percorribili si riducono drasticamente.
Roma, negli ultimi cinquant’anni, è cresciuta esponenzialmente in popolazione, sia umana che “meccanica”, come in cubatura; facendo sì che assumesse nel tempo una parte degli aspetti della giungla conradiana, senza però quell’aurea di misticismo ancestrale che la foresta equatoriale africana possiede.
Fra quintali di acciaio in movimento che come fiumi rumorosi scorrono per le strade, palazzi che fermano la vista a pochi metri, la vita per la bici, leggero e delicato intreccio di tubi e ingranaggi, e per il suo passeggero è un’insidia costante. Tombini, parcheggi “fantasiosi”, odori sgradevoli, difficoltà nel poter salire sui mezzi pubblici, piste ciclabili pressoché assenti, sono solo un ristretto elenco delle afflizioni del cicloamatore cittadino.
Dunque il nord, con i meravigliosi laghi di Bracciano o di Bolsena e le città che ivi sorgono, è precluso (almeno per un viaggio di un solo giorno…) ad un cicloamatore integrale come il sottoscritto, per il quale ogni metà va raggiunta esclusivamente con la forza delle proprie gambe.
Per questo il 27 di maggio, una settimana dopo l’ultimo sprazzo d’inverno (http://www.linkiesta.it/blogs/centomila-perigli-l-occidente/antica-quasi-quanto-roma), con un sole splendido ed il clima tipico della primavera inoltrata, ho deciso di puntare ad est verso i Monti Lucretili, custodi di città come Tivoli, ricolme di storia e di bellezze architettoniche divenute patrimonio dell’umanità.
Questa volta non ero solo: affascinato dai miei piccioli, seppur sentiti, racconti di viaggio, un amico di vecchia data ha deciso di risvegliare la bici dal torpore della soffitta e, sebbene senza allenamento, seguirmi nel centinaio e passa di chilometri che il viaggio esigeva. Il giusto grado di incoscienza che si richiede a chi vuole intraprendere imprese un poco ardite.
Viaggiare, forse per ragione archetipali, è un attività che reclama compagnia. Soli, davanti lo spettacolo che la natura, con l’ausilio dell’uomo, ci ha preparato, non ci si sente in armonia. Si ha il bisogno, anche solo con un accenno d’intesa, di condividere con qualcuno lo spettacolo di un tramonto fra i monti o la possanza che solo le montagne riescono ad esprimere; per questo la trovata compagnia m’ha oltremodo gratificato (pensavo fosse impossibile trovar qualcuno fra le mie conoscenze che m’avrebbe seguito!) .
Però il ciclismo è uno sport di fatica, a cui la voglia va accompagnata da una costante dedizione, altrimenti le disparità trasformano il lento viaggiare in un piccolo calvario. Così è avvenuto in effetti, ma, tutto sommato, il guadagno ha prevalso sulla perdita: se non altro veder la propria passione condivisa le dona maggiore pienezza.
Superate le campagne ad est di Frascati e il tratto della tiburtina prima di Villa Adriana, abbiamo incontrato la prima salita degna di tale nome, serpeggiante fino a Tivoli. Pochi chilometri con pendenza sostenuta quel tanto da portare la velocità del mio compagno di viaggio prossima a quella di una vecchina in là con gli anni. Arrivati in cima, Tivoli ci si presenta ricca di traffico e di turisti, le sue rinomatissime ville (Adriana. Gregoriana e D’este) il suo castello (Rocca Pia) i suoi numerosi templi di epoca romana, fanno sì che tutto quel movimento sia giustificato. Ma tutte queste bellezze dovranno aspettare un altro viaggio per poter essere raccontate
Superata la città ci siamo immessi sulla strada per Marcellina, paesino agricolo, produttore di un ottimo olio e di splendida frutta. La strada è meravigliosa, si passa, incrociandosi più volte, sotto il ponte della ferrovia, a sinistra la valle che accoglie Roma, che permette, aguzzando la vista, di scorgere il “cupolonone” o, per chi ha meno diottrie, lo stadio del nuoto di Calatrava. Il vero spettacolo è però un altro, superato di poco Tivoli la cascata del fiume Aniene, incastonata nel profilo della cittadina, completa il paesaggio con una stupefacente meraviglia.
(foto Wikipedia)
Superata Marcellina la salita vera, quella per San Polo Dei Cavalieri, meta del viaggio, incomincia.
Le pendenze non sono proibitive, ma la lunghezza è importante. Decido di scalarla in solitaria; mantenere un ritmo diverso dal proprio, anche se più lento, è stancante. Nel totale silenzio, interrotto dal passaggio di non più di dieci auto, l’ascesa è appagante. Qua e là qualche bestia al pascolo, ginestre in fiore, cielo limpido e di un celeste vivo. Alla fine il cartello di benvenuto a San Polo, penso sia stato una liberazione per il mio amico, (che ho atteso sotto il cartello)
San Polo è il classico paesino medievale sorto intorno ad una fortificazione costruita sopra il cucuzzolo di qualche montagna, onde difendersi dalle invasioni barbariche che imperversavano in Italia dopo la caduta dell’impero.
Il castello, e quindi la gestione del paese, è passato per varie mani. Infatti, anche se di modeste dimensioni, la sua posizione strategica – domina sulla tiburtina e sulla valle dell’Aniene- lo ha reso appetibile nei vari secoli.
Prima dei monaci di San Paolo fuori le mura, in seguito degli orsini, poi dei cesi e infine dei borghese. Il paese è stato anche teatro di vicende risorgimentali.
Il castello, molto ben conservato e costruito con perizia, ha raggiunto la forma attuale dopo vari rimaneggiamenti; la parte centrale del castello, il mastio, si pensa addirittura costruito sui ruderi di una fortificazione romana. Ai vertici sono poste quattro torri di avvistamento merlate. http://www.castellidelazio.com/castellodisanpolodeicavalieri.htm
(foto da internet)
Mentre camminavamo per le i vicoli del paese non potevamo non notare la cura con cui il paesino è tenuto, tanto da non dimostrare per nulla, se non nell’urbanistica, il suo millenario passato.
Trascorsa un’oretta ci siam rimessi in viaggio per il ritorno, scendendo veloci per i tornanti della tiburtina, dall’altro versante del monte.
Al prossimo viaggio