Il BureauVincono i tedeschi, le favole non hanno finali alternativi

di Paolo Bardelli LA TRAMA Olanda-Germania non è mai stata semplice cronaca, risultato da almanacco, è puro racconto. E' come le favole, dove i personaggi assumono caratteri stereotipati e stanno l...

di Paolo Bardelli

LA TRAMA

Olanda-Germania non è mai stata semplice cronaca, risultato da almanacco, è puro racconto. E’ come le favole, dove i personaggi assumono caratteri stereotipati e stanno lì proprio per significare qualcosa. Gli arancioni sono la meraviglia incompiuta del calcio, una regina senza corona. Eppure quel titolo mondiale è stato così vicino. A negarglielo ci hanno pensato quei cattivoni dei teteschi, così brutti e diversi dallo scintillìo oranje. Correva l’anno 1974, roba vecchia, se ne è parlato e riparlato, ma non è resoconto. E’ pura narrativa.

L’Olanda parte subito forte per allontanare gli spettri del passato, si respira la tensione. Cane da guardia quando sono gli altri a voler uscire dalla zona (euro), la Germania sbanda più volte quando deve uscire da quella difensiva. Ma i tedeschi non sono Cappuccetto Rosso, sono il lupo. E il lupo ti frega, se è debole è perché si vuol fingere tale e subito fa venire i brividi a Stekelemburg, che poi è uno che non si spaventa facilmente visto che non è ancora fuggito da Roma dopo un anno insieme a Kjær e Luis Enrique. I tedeschi continuano a mischiare le carte in regola e spostano caoticamente i giocatori, Ozil e Müller si scambiano in continuazione per mettere gli oranje in confusione. Chi va nel pallone è l’autore di questa nota quando viene inquadrata una deliziosa olandesina alla quale non frega assolutamente nulla della partita e ciò la rende irresistibile.

“Che fai nella vita?” “Ehm (imbarazzo), scrivo di calcio”. “Ah (finto interesse). Io ne so nulla, una volta però ho visto una partita degli Europei. Mi spieghi quella cosa del fuorigioco?” “Allora, la bottiglietta è l’attaccante…”.

Ignoro in quale lingua dovrebbe andare in atto questo siparietto, poco importa, ma la realtà chiede il suo tributo, brutale e scontato come una rete di Gomez. Schweinsteiger squarcia la difesa olandese e il centravanti meno tedesco della storia la butta dentro. E’ tutto secondo copione, come “l’azione alla Robben” di – un premio se indovinate – Robben. Largo a destra, si accentra e tira. Visto e rivisto, ma sempre divertente, come i racconti dei vostri amici dopo un viaggio ad Amsterdam. Gli arancioni provano a rompere l’incantesimo, ma Gomez si riscopre spagnolo e decide di stendere il toro dopo aver piazzato le banderillas. 2-0. Gran gol, i bianchi dettano legge. Legge marziale. E gli olandesi mettono da parte la resistenza e si fanno collaborazionisti, sa quasi di resa la sfera donata al nemico in seguito ad un calcio d’angolo incomprensibile ma Boateng preferisce graziare. E’ lo smacco più atroce, peggio ancora dell'”Auf Wiedersehen” scandito dalle gradinate. Arrivederci, già, appuntamento tra 15 minuti. Suona come una minaccia.

Gli olandesi tornano in campo dopo un intervallo passato a fissare il vuoto e a lavarsi ossessivamente come vittime di stupro, Khedira sfida Hummells a Pes. Vince il mediano, il difensore la prende male e come un bullo decide di rifarsi con i più deboli. Quelli vestiti d’arancio. “Se Sami ha fatto gol partendo dalla sua area perché non posso farlo io?”. Regresso infantile, ora vale tutto. Snejder fa sgambetto a uno che gli ha fatto boccaccia, Klose entra in campo e tira palline di carta addosso a Stekelemburg. E lui non le para. Finisce la ricreazione, Van Persie diventa improvvisamente adulto come Pozzetto in “Da Grande” e gonfia la rete. I tedeschi restano sbigottiti dall’insolenza di un avversario che osa reagire. Un’opzione che non era stata minimamente valutata, doveva essere una guerra lampo. Già. Il re è quasi nudo, il secondo gol sembra nell’aria, ma il numero olandese (forse terrorizzato dai dispetti di poco prima) fa una vaccata per ristabilire gli equilibri. Klose, gran signore, decide di non abusare dopo il gol nel derby. Finisce 2-1.

Vincono i tedeschi, le favole non hanno finali alternativi.

La scena madre
Lo scatolone del Subbuteo che scende dalla soffita dopo il triplice fischio e fa rimpiangere un’era mai vissuta.

Man of the match
Gary Lineker, uno che aveva capito tutto: “Il calcio è un gioco semplice; 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti. Poi, alla fine, vincono i tedeschi”.

RSVP
“I mangiatori di patate” di Van Gogh, chiaramente uno sfottò olandese all’indirizzo dei crucchi.