640 punti. Un meccanismo anti spread rimandato alle calende greche e un prestito dell’Efsf che, buttando a mare tutte le buone intenzioni, passerà dalle casse di Madrid.
Quando il ministro delle Finanze spagnole, Cristóbal Montoro, dice che il Parlamento non ha i soldi per pagare i dipendenti pubblici, ricorda alcune dichiarazioni dei suoi colleghi greci o portoghesi nei momenti appena precedenti a un’iniezione di liquidità da parte europea.
C’è poco di nuovo nella sofferta vicenda spagnola: basta guardare le emeroteche degli ultimi due anni per trovare la stessa testarda resistenza dei governi dei Paesi per evitare il salvataggio forzato delle proprie finanze e la stessa pressione degli speculatori contro gli interessi di quei Paesi.
La questione è cos’ha imparato l’Europa nell’agonia di questo periodo.
«No hay salida airosa (Non c’è un’uscita elegante)» ripetono gli economisti iberici, mentre il ministro dell’Economia Luis de Guindos assicura che non ci sarà nessun salvataggio del Paese. C’è solo un mercato «irrazionale», una situazione di «enorme incertezza» che porta a un «estremo nervosismo».
Il ministro aggiunge che il governo ha fatto quello che doveva fare per tagliare il deficit pubblico, con le riforme e il risanamento del sistema finanziario. A scapito dello stesso Paese.
Tutto poco prima di entrare in sala riunione con il suo omologo tedesco Wolfgang Schäuble.
Nessun salvataggio per la Spagna, dunque.
Luis de Guindos mostra la stessa convinzione che ebbe quel giorno, quando negò con forza una richiesta di salvataggio per le banche iberiche. Giusto poco prima di sollecitarla.
24 Luglio 2012