Chiedi alla polvere. Storie di droga e narcotrafficoAfrica, la nuova frontiera della guerra ai narcos

"L'Africa occidentale si trova a dover affrontare un nemico sempre più pericoloso per via delle organizzazioni transnazionali del crimine, in particolare dei narcotrafficanti. Le loro attività mina...

“L’Africa occidentale si trova a dover affrontare un nemico sempre più pericoloso per via delle organizzazioni transnazionali del crimine, in particolare dei narcotrafficanti. Le loro attività minacciano la sicurezza collettiva e la stabilità degli interessi regionali degli Stati Uniti, dei nostri partner africani e della comunità internazionale”. Firmato, il Dipartimento di Stato americano. Con queste parole è stata presentata, in luglio, la nuova “campagna d’Africa” di Washington. Una missione che William R. Brownfield, assistente di Hillary Clinton responsabile della lotta al narcotraffico, progettava da tempo e per distrarre dai fallimenti in America Latina, dove solo in Messico la war on drugs ha fatto più di 50mila vittime dal 2006. Il 16 maggio scorso, in audizione al Pentagono, Brownfield dichiarava: “Il traffico di droga in Africa occidentale danneggia direttamente gli americani. Abbiamo investito molto per combattere i cartelli della droga sudamericani che trafficano la cocaina che arriva nelle nostre strade. A causa dei nostri successi che hanno ostacolato il flusso verso nord e all’espansione della domanda europea, i cartelli hanno dovuto trovare un nuovo modo per fare business”. Eppure, secondo quanto afferma l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, i primi consumatori di cocaina sono gli statunitensi: l’1,6% della popolazione. Ma questo non conta: a Brownsfield importa solo giustificare la necessità d’intervenire in Africa.

L’operazione si chiama West Africa security initiative (WACSI) e prevede una collaborazione tra i soldati americani e africani. Si parte con in Ghana, si proseguirà poi in Kenya e Nigeria. La collaborazione durerà tre anni e si pone cinque obiettivi: creare “istituzioni responsabili”, stabilire un contesto politico e giuridico per la lotta al crimine, rafforzare le operazioni di sicurezza, ridare credito al sistema della giustizia ed occuparsi di cause e conseguenze sul piano socio-economico del crimine organizzato.

“L’Africa occidentale è la nuova frontiera dell’antiterrorismo e dell’antidroga”, spiega Jeffrey P. Breeden, capo delle sezioni di Europa, Asia e Africa della Dea, l’agenzia antidroga statunitense. “È un posto dove dobbiamo tenere testa ai trafficanti e siamo già dietro di una curva, abbiamo bisogno di recuperare”. “La regione è in una situazione simile ai Caraibi degli anni ’80”, aggiunge il capo dell’antinarcotici del Pentagono, William F. Wechsler. I Paesi dell’arcipelago a sud della Florida, trent’anni fa sprovvisti di ogni forma di lotta alle organizzazioni criminali, si trovarono sommersi da un’ondata di denaro sporco. Erano tutti i proventi del commercio di droga tra i cartelli sudamericani e i mercati ricchi d’Europa e Stati Uniti. L’impreparazione dei governi ha trasformato la regione in una terra di conquista per i cartelli della droga. Ad Accra, Libreville e nelle altre città della costa africana sta accadendo lo stesso. E la preoccupazione negli States ha spinto l’amministrazione Obama a prevedere una spesa di 60 milioni di dollari per la lotta al narcotraffico nella sola Africa. Nel 2009, la cifra era 7,5 milioni di dollari.

Negli ultimi tre anni il dipartimento di Stato ha condotto operazioni antidroga coordinando forze dell’ordine locali e agenti Usa in tutto il Centro America. Secondo Washington, l’impresa è stata un successo da riproporre in tutto il mondo. Eppure altre statistiche dicono l’esatto contrario: a San Pedro Sula, una cittadina da 100mila abitanti in Honduras, nel 2011 ci sono 159 omicidi. Il movente, nella maggior parte dei casi, era correlato con la droga o con le alleanze che le gang locali hanno stretto con i cartelli sudamericani e messicani. Nelle operazioni antidroga, le forze dell’ordine locali sono affiancate dagli agenti speciali della Dea, l’agenzia antidroga degli Stati Uniti. Il 17 maggio scorso, nella regione di Mosquito, alcuni manifestanti hanno bruciato degli uffici governativi per chiedere che gli agenti antidroga di Washington lasciassero il Paese. Il giorno prima, durante un’operazione, erano morti quattro civili innocenti, tra cui due donne incinte.

Al Shabaab, al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram: l’Africa è diventata una terra delle organizzazioni terroristiche, dedite al sequestro e allo spaccio. Soprattutto i miliziani qaedisti hanno trasformato il narcotraffico in un business, fornendo la logistica per portare la droga attraverso il deserto, verso i porti del Nord Africa. Senza contare che il continente, nel 2011, ha raggiunto i 2,3 milioni di consumatori di sola cocaina. Per tutti questi motivi, gli Stati Uniti hanno lentamente militarizzato il continente. Una volta, prima del 2007, possedevano solo una base in Gibuti, a Camp Lemonnier. Oggi, seppur mai ufficialmente riconosciuti, esistono circa una decina di avamposti, utilizzati soprattutto per le operazioni di spionaggio. Sembra che Washington si stia preparando ad un nuovo capitolo della “guerra al terrorismo”.

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