(In)ClementiBene la riduzione dei finanziamenti, ora attuare l’art. 49 sui partiti politici *

Sia detto con tutta la delicatezza e il rispetto per la drammaticità della tragedia, bisogna riconoscere che, in qualche modo, è stato il terremoto dell’Emilia Romagna a “terremotare” i partiti pol...

Sia detto con tutta la delicatezza e il rispetto per la drammaticità della tragedia, bisogna riconoscere che, in qualche modo, è stato il terremoto dell’Emilia Romagna a “terremotare” i partiti politici, spingendoli ad approvare in Parlamento, in tempi rapidissimi, la legge sul finanziamento della politica, in modo tale da destinare una quota della seconda rata del finanziamento pubblico, appunto, ai terremotati.
Questa promessa si è trasformata, infatti, in una reale pressione dal basso -naturalmente unita all’effetto-Grillo e all’astensione misurata nelle recenti elezioni locali- tanto forte da scardinare le resistenze anche di coloro che non volevano adeguarsi agli standards europei su questi temi. D’altronde, si rischiava di non dare alcun finanziamento ai terremotati, in quanto la rata maturava a fine luglio e il testo approvato in prima lettura dalla Camera non aveva previsto il blocco della classica finestra temporale di quindici giorni, previsti dalla vacatio legis; per cui, in assenza di un ulteriore intervento con decreto da parte del Governo, i soldi sarebbero andati per intero inevitabilmente ai partiti politici, i quali poi, con un evidente effetto boomerang di tipo politico, li avrebbero dovuti “girare” ai terremotati. Di questi tempi, decisamente, unfit.
Tuttavia, è noto che la fretta spesso è una cattiva consigliera, a maggior ragione in queste cose. E nell’impossibilità di modificare il testo proprio per dare in tempo una parte dei fondi, alcune delle importanti aporie presenti già da allora nel testo della Camera non hanno trovato quindi alcuna risposta.
Tra di esse, se ne segnalano almeno tre che meriterebbero di non essere dimenticate e di essere riprese dal Legislatore.
Innanzitutto, sarebbe opportuno modificare la possibilità, da parte delle società pubbliche partecipate, cioè quelle nominate dalla politica, di donare fondi alle associazioni presiedute da parlamentari. Naturalmente, tutto ciò può essere eluso con un semplice escamotage, facendo presiedere le associazioni o le fondazioni della politica da non parlamentari; eppure, la possibilità di elusione è un costo notevolmente inferiore, anche in termini di cultura civica e di educazione politica, alla legittimazione per via normativa di una simile pratica di finanziamento. Se la politica vuol cambiare se stessa, dando un segnale chiaro (come è stato quello che ha voluto dare, approvando così rapidamente questo testo in ragione di una “giusta causa”), una norma di tal genere non può non essere modificata.
Al tempo stesso, la scelta di lasciare effettuare i controlli a un nuovo organismo piuttosto che, come è giusto e naturale che sia, ad una sezione specializzata della Corte dei Conti, appare per certi aspetti asimmetrica non soltanto riguardo alle discipline di Paesi rilevanti in tal senso (in primis, la Germania), ma anche rispetto a quanto aveva prospettato allora il Presidente Giampaolino con una lettera che aveva rivolto al Presidente della Camera.
Per non parlare poi della necessità di depositare i rimborsi e i contributi ricevuti dai partiti politici in un conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato fino a che questi non siano effettivamente spesi dai partiti: un modo evidente per rendere ancor più chiaro e trasparente la loro movimentazione, attraverso una procedura per il loro uso, in qualche modo, più controllata.
Infine, la politica non può non rafforzare -più di quanto vi è già- il legame strettissimo che questa legge ha con il testo in discussione ora alla Camera per dare attuazione all’art. 49 della Costituzione, disciplinando i partiti politici (A.C. 244). Il disallineamento tra i due provvedimenti è stato, allora, una scelta di corto respiro. Che a maggior ragione oggi può essere sanata, includendo, nell’approvazione in tempi rapidi di questo testo, anche la soluzione alle aporie sopra menzionate, riallineando entrambi i provvedimenti ad una medesima matrice.
Siamo chiari, insomma. Per non far sì che questo segnale importante non appaia come un bluff pre-estivo, è necessario che si prosegua con azione normative adeguate e conseguenti. E, come direbbero i latini, festina lente.

*articolo uscito sul quotidiano Il Sole24Ore dell’8 luglio 2012.

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