«Buongiorno, mi hanno violentata e sono rimasta incinta. Perciò ho un danno psicologico che mi dà diritto ad abortire». No, non è uno scherzo. È la formula giuridica cui ben presto dovranno ricorrere le donne spagnole.
Il ministro della Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón lo ha detto chiaramente: «entro ottobre riformeremo la legge sull’aborto». Tradotto: la malformazione del feto o la violenza fisica non saranno più buone giustificazioni per interrompere la gravidanza.
Per abortire – sotto tutela medica, non sia che le donne possano decidere da sole, come adesso – la giurisprudenza contemplerà solo il danno psicologico. Perfino in caso di violenza.
Suona un po’ come la peggiore barzelletta del secolo: non è già abbastanza devastante subire una violenza, per il corpo e l’anima? Bisogna pure chiarire i danni psicologici se si rimane incinta dell’aggressore?
Dalla Moncloa lanciano sguardi torvi. Perché non tutto il Partito popular approva la trovata del ministro, anche se i panni sporchi continuano a lavarsi in casa. E nessuno osa contraddirlo.
Per non parlare degli elettori del governo di centrodestra che, negli ultimi sondaggi, hanno decisamente fatto crollare la fiducia al partito di Rajoy: il 65% protesta contro questa trovata da ancien régime. Tra loro anche molti cattolici.
Domenica più di 200 donne manifestavano a Puerta del Sol. Quasi un enorme déjà vu. «Noi partoriamo, noi decidiamo» dicevano in coro, come appena venute fuori da uno squarcio nel tempo. Ma non erano le donne di trent’anni fa.
Qualcuno però continuava a chiederselo: perché proprio adesso che le cose vanno così male?
Dall’aborto alle unioni gay, dal diritto di sciopero al lavoro. Se alla crisi economica si aggiunge una stretta sui diritti civili, saranno davvero tempi duri.
30 Luglio 2012