Sul “Resto del Carlino – Il Giorno. La nazione – Quotidiano nazionale ” di oggi in un intervento dal titolo Vichy, il tabù della verità, Andrea Fontana se la prende con l’opinione pubblica francese c (di destra e di sinistra) perché ha reagito male alle parole d pronunciate da François Hollande in occasione del settantesimo anniversario della grande rafle (la retata che il 16-17 luglio 1942 è compiuta da parte della polizia francese e dal governo di Vichy nei confronti degli ebrei, 13000 catturati – per la precisione 12 884, così suddivisi 4 051 bambini ; 5 802 donne ; 3 031 uomini – e spediti poi ad Auschwitz) sottolineando come quel gesto rappresenti non solo una vergogna per la Francia, ma anche il tradimento di quei principi di universalità e di eguaglianza che stanno alla base dell’89.
Fontana, se non ho capito male sostiene che in questo caso il “vuoto di memoria” dell’opinione pubblica francese non è diverso da quello dell’opinione pubblica italiana che addossa a Salò le responsabilità di tutto il male per potersi emendare e dai propri errori e dunque scaricando sui duri e puri della collaborazione con l’occupante nazista quanto invece era anche propria responsabilità.
Ogni tanto anziché innamorarsi dei propri facili paragoni bisognerebbe provare a riflettere. Perché prima di tutto il problema non è genericamente parlare di un’opinione pubblica, (che in Italia, se non ricordo male, comunque non si fece tante domande né al momento del varo della legislazione razziale né al momento delle deportazioni) , ma per esempio del peso che ebbero la delazione, la vendita delle vite degli altri in cambio di una ricompensa (si sa in guerra la fame è tanta) e poi le azioni dei militari, quelle degli organi di polizia locale, e infine quelle degli apparati dello Stato. Insomma gli atti di tanti “italiani normali”
C’è in Italia un’occasione pubblica dove si è detto esplicitamente che le cause e gli atti della deportazione sono l’effetto del comportamento di questa lunga catena di italiani “normali”? C’è in Italia qualcuno che con pazienza ha aperto il dossier relativo alle delazioni? Che l’abbia trasformato in un argomento di pubblica opinione da non mettere a tacere? Non mi pare.
Mi sembra, invece, che finora, non dico impropriamente, ma parzialmente, si sia insistito sui “giusti” e dunque su chi fu spesso un’eccezione, piuttosto che la regola. E vi sia sia insistito (ma anche qui potrei sbagliarmi) perché il problema è sempre “salvarsi l’anima” piuttosto che indagarne gli aspetti sgradevoli.
Questo non vale solo per le cerimonie pubbliche, ma vale anche per la storiografia e la saggistica storica.
Faccio una proposta a Fontana.
Se vuol passare una giornata e non sa come arrivare a sera, faccia una bella ricerca su ciò che hanno prodotto non da ieri, ma dal 1980 in Francia (ne tralascio parecchi) storici, pubblicisti come Philippe Burrin, Pierre Giolitto, Limore Yagil, Pierre Laborie, Henry Rousso, Denis Peschansky, Jean-Pierre Azema, François Bédarida, Jean. François Sirinelli, Eric Conan. E poi provi a vedere quale sia stato, a partire dal 1982 il progetto di lavoro, e il piano di ricerche e di pubblicazioni realizzate, dall’ “Institut d’Histoire du Temps Present” guidato da François Bédarida intorno a temi e indagini sociologiche, politologiche, di studio dell’opinione pubblica sulla Francia di Vichy, sull’antisemitismo, sul collaborazionismo e sui loro prodromi e le loro permanenze nella Francia tra ultimi venti anni della III Repubblica e quelli della IV Repubblica (ovvero tra anni ’20 e anni ’50).
Una volta stilato l’elenco, anche sommario, provi a fare un paragone con ciò che hanno prodotto la storiografia e la saggistica italiane su temi analoghi della storia italiana tra 1938 e1945.
A me pare che ci sia una differenza. Ed è una differenza che fa la differenza.
Poi si può riflettere su quanto abbia inciso quella saggistica nell’opinione pubblica, ma nel caso francese non si può parlare di silenzio della storiografia, di assenza della saggistica e nemmeno di silenzio della grande stampa di informazione.
In ogni caso noi qui in Italia un luogo, una data, e un testo (almeno uno) che parli esplicitamente e esclusivamente della responsabilità italiana e degli italiani “normali” sulla macchina dello sterminio dobbiamo ancora vederlo,e, ovviamente, leggerlo.
Non credo che non avverrà mai. Ma quando si propongono paragoni è bene sapere da quale condizione si parte. Così, tanto per non raccontarsi la realtà che non c’è.
25 Luglio 2012