Ci aveva detto molto chiaramente che la sua Cuba non era una piccola Cina in versione caraibica che stavano preparando i Castro, forse perché anche lì le morti misteriose ed improvvise si chiamano «incidenti».
Oswaldo Payá, uno dei più noti dissidenti cubani, coordinatore del Movimento Cristiano per la Liberazione è morto la scorsa notte proprio in un incidente stradale, dove ha perso la vita anche il coordinatore giovanile del suo movimento Harold Cepero. Secondo quanto rivelato dalla figlia del leader, l’auto sarebbe stata più volte colpita da un’altra autovettura che l’ha affiancata e buttata fuori strada contro un albero ed anche il fratello Carlos residente in Spagna, ha sottolineato l’excalation di minacce ed accuse nei suoi confronti di come egli fosse seguito a vista 24 ore su 24 e le sue comunicazioni continuamente controllate.
Per il governo cubano il caso non esiste. I relitti delle auto sono stati rimossi e la morte di Payá chiosata come una tragica perdita di controllo dell’auto, quindi è inutile attendersi ulteriori indagini in merito. Ma la dissidenza cubana interna e quella a Miami non ci sta. E non solo loro. Il governo spagnolo ha chiesto spiegazioni dettagliate sui fatti visto che tra i coinvolti feriti c’è anche il deputato del Partito Popolare spagnolo Angel Carromero.
Da Miami a L’Avana, per tutti Payá è l’ennesima figura scomoda che scompare in modo poco chiaro, come prima era accaduto Juan Wilfred Soto, ufficialmente morto per pancreatite ma secondo indiscrezioni pestato a sangue dalle guardie rivoluzionarie e Laura Pollan, leader delle Damas en Blanco, morta per infarto dopo aver atteso invano i soccorsi. Tutti dissidenti attivi, tutti vittime indirette o dirette dei fratelli Castro.
Ma Oswaldo Payá era differente. Era cristiano in un paese di laici ed atei e dove politica e religione sono un tabù e fu internato per questo; era un interlocutore politico, anche a livello internazionale, che parlava di elezioni e riforme, negoziava con la Chiesa ma non aveva mancato di criticarla in occasione della recente visita di Benedetto XVI e di definire in particolare quella cubana, assuefatta al Partito Comunista; era il primo dirigente di una formazione politica ufficiale, ma più volte si era scontrato con la potente comunità cubana a Miami e con i nuovi blogger che consideravano le sue azioni blande ed istituzionali senza critiche all’embargo Usa (troppo filo-americano per tutti?)
Forse per questo però Payà era il più pericoloso di tutti per i fratelli Castro ed oggi in molti, oltre a denunciare un presunto complotto alla sua persona, si accorgono di aver perso la vera alternativa ideologica e politica a quella Cina caraibica che mangia i suoi oppositori delusi e divisi.