Fatti di ScienzaI risultati della ricerca fatta con soldi pubblici sono di tutti: parola di Research Council UK

Il movimento The Cost of Knowledge voluto dal matematico britannico Tim Gowers ha visto la sottoscrizione di oltre 12 mila ricercatori di tutto il mondo. Il motivo della protesta? Il fatto che gros...

Il movimento The Cost of Knowledge voluto dal matematico britannico Tim Gowers ha visto la sottoscrizione di oltre 12 mila ricercatori di tutto il mondo. Il motivo della protesta? Il fatto che grossi editori come l’olandese Elsevier, padrone di numeri uno della pubblicazione scientifica come Cell e Lancet, facessero profitti sfruttando il lavoro – in molti casi – gratuito dei ricercatori: revisione di articoli, collaborazioni editoriali e altri servizi che vengono offerti gratuitamente. E se il ricercatore è uno stipendiato pubblico, quelle ore di lavoro sono sottratte al suo lavoro, quello finanziato con le tasse dei cittadini.

Ora il Reserch Council anglosassone, con un comunicato stampa del 16 luglio scorso, fa sapere che d’ora in avanti tutto quello che verrà prodotto nei laboratori foraggiati dal denaro pubblico dovrà essere accessibile on line gratuitamente a tutti i cittadini che vogliano farlo. Un passo avanti nell’era dell’Open Access che è già stato fatto da altre istituzioni, come per esempio i National Institutes of Health americani, il più grande elargitore di fondi per la ricerca al mondo: dopo un anno dalla pubblicazione un giornale scientifico scelto dal team di ricerca, i risultati devono essere resi disponibili gratuitamente a tutti.

Un colpo definitivo al ruolo di estremo potere che hanno editori grossi come Elsevier, Nature o Sage? Può darsi che abbia ragione l’Economist, che suggerisce ai suddetti editori di provare a innovare o sono destinati a soffrire di questa nuovo aria che tira. D’altra parte un progetto come la Public Library Of Science, una charity che pubblica sette giornali completamente ad accesso aperto, dimostra che è possibile avere servizi editoriali di qualità senza per forza ricorrere al modello editoriale classico.

Manca solo un tassello per un vero accesso aperto che consenta davvero di poter togliere qualsiasi intermediazione tra il ricercatore che svolge una ricerca, il pubblico e, soprattutto, tutti i colleghi che vogliano ripetere o controllare i risultati dell’esperimento. Si tratta della messa a disposizione dei dati grezzi. La loro revisione ha permesso di scoprire quando i dati sono stati “cucinati”, come si dice in gergo: aggiustati in modo che si accordino al meglio con le conclusioni. Sarebbe un altro passo verso una vera era dell’accessibilità. Ci arriveremo in futuro. Ora ci accontenteremo che anche le ricerca finanziate dall’Italia e dai fondi europei vengano vincolate all’open access come quelle britanniche. (marco boscolo)

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