Keynes BlogLa destra ultraliberista contro la Federal Reserve

Ben Bernanke in una caricatura "The U.S. government has a technology, called a printing press (or today, its electronic equivalent), that allows it to produce as many U.S. dollars as it wishes at ...

Ben Bernanke in una caricatura

The U.S. government has a technology, called a printing press (or today, its electronic equivalent), that allows it to produce as many U.S. dollars as it wishes at no cost.”

Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve degli Stati Uniti

Il 25 luglio la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato un disegno di legge per la “trasparenza” nell’azione della Federal Reserve (FED), la banca centrale americana, diretta da Ben Bernanke. Promotore dell’iniziativa il deputato Ron Paul, esponente di punta dell’ala “libertarian” del partito repubblicano. Un analogo provvedimento è stato depositato al Senato dal figlio Rand.

Sin dall’inizio della crisi la Federal Reserve è entrata nel mirino della destra repubblicana, nonostante Bernanke provenga dalle fila del “Great Old Party”. Motivo del contendere, i Quantitative Easing, cioè l’acquisto da parte della banca centrale di titoli di stato e titoli privati per evitare il collasso del sistema finanziario, ripulendo le banche private dai titoli stazzatura e aiutando il governo a finanziarsi a basso costo.

Una politica che è mancata in Europa a causa delle rigidità dei trattati e dello statuto della BCE. L’istituzione guidata da Draghi ha solo potuto attuare i cosiddetti “LTRO”, cioè prestiti a bassissimo tasso di interessi alle banche primate affinché comprassero titoli pubblici e prestassero denaro all’economia in sofferenza. Il risultato, come ha sostenuto Paul De Grauwe, è stato quello di imbottire gli istituti di credito di titoli di stato progressivamente più insicuri e il cui valore era in caduta libera, rendendo la situazione persino peggiore di quella che si voleva risolvere, in cambio di un breve sollievo dei tassi di interesse. Non a caso in molti invocano una riforma della banca centrale europea nello stile della FED, soprattutto per tenere bassi gli spread.

Che la banca centrale non debba essere più del tutto indipendente dal potere politico, come detta la teoria economica dominante, sono in molti a pensarlo, a partire dagli economisti eterodossi. Ma lo stesso Ben Bernanke ha parlato di coordinamento e collaborazione tra autorità politiche e monetarie e in Europa Mario Draghi ha annunciato una azione congiunta tra BCE e stati membri per risolvere la crisi dei debiti sovrani. E’ singolare però che sulla posizione anti-indipendentista, di solito appannaggio del pensiero critico, si sia schierata la destra. Una manovra chiaramente strumentale, dettata da interessi politici di breve termine, ovvero mettere in difficoltà Obama.

Quello che però è interessante è leggere le motivazioni di questa richiesta di “audit” della FED presso il Government Accountability Office, la commissione investigativa del Congresso. Secondo i promotori “stampare moneta” porta inevitabilmente alla crescita senza freni dell’inflazione. Eppure dal 2008 l’inflazione negli USA è bassa e in tendenziale caduta. Oggi si attesta ad appena l’1,7% su base annua e gran parte degli economisti ritengono, al contrario delle bizzarre tesi di Ron Paul, che sia fin troppo bassa a causa della crisi.

Ma dove il documento dei promotori dell’iniziativa “audit the Fed”(*) cade nel ridicolo è quando sostiene che “Nei suoi quasi cento anni di storia, la Federal Reserve ha presieduto alla quasi totale distruzione del dollaro …dal 1913, il dollaro ha perso oltre il 95% del suo potere d’acquisto”. In una fase in cui il dollaro è considerato fin troppo forte e dopo oltre 60 anni di incontrastato dominio del biglietto verde (intaccato appena, e solo molto recentemente, dalla crescita dei paesi emergenti), Ron Paul e i suoi sembrano fuori dal mondo. Ma, nonostante questo, la Camera dei Rappresentanti ha approvato questa bizzarra tesi senza accorgersi dell’assurdità che sottoscriveva.

Qualcuno ha detto “la nipote di Mubarak?”

(*) tra cui compaiono anche gruppi progressisti

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