Accade che quando si cede all’ideologia si scrivono un sacco di fesserie. è una cosa normale, è dovuta al fatto che quando sei concentrato ad immaginarti un mondo che non esiste ti perdi il mondo reale e cominci a sparlare.
Forse è capitato anche all’autore di un esilarante articolo postato sul sito di Pubblico il 27 giugno, intitolato “Perché Steve Jobs è di sinistra”.
Tronfio, retorico fino alla nausea, il pezzo è un elogio del fondatore di Apple che, secondo la redazione, sarebbe un’icona della sinistra mondiale.
La volontà di spacciare ai lettori questa panzana è encomiabile ed è riscontrabile in tutti i tentativi di giustificare questa posizione (tentativi che puntualmente si rivelano fallimentari).
Il primo, all’inizio del brano: i ragazzi di Apple sono di sinistra (e Jobs più di tutti, essendone stato il leader) perché quando hanno fondato l’azienda erano “con le pezze al culo”, non portavano le scarpe (?!?), ascoltavano Dylan e leggevano i poeti della Beat Generation (che, per inciso, fanno cagare, diciamolo!). Ah, si facevano anche di LSD. Prendete appunti, gente: chi si droga ed è povero è sicuramente di sinistra.
Il meraviglioso viaggio prosegue con un paragone con l’IBM di quegli anni, che è un po’ come paragonare Berlusconi ad Hitler: la vittoria è assicurata.
Eppure, nonostante gravi errori di Apple che su Pubblico racconteremo ad ogni piè sospinto – dallo sfruttamento dei lavoratori in subappalto in Cina, all’approccio decisamente “chiuso” all’informatica – noi pensiamo che Steve Jobs sia un eroe moderno nel quale chi è progressista oggi, non possa che riconoscersi.
Errori, li chiamano. Quisquilie, cose da niente. Neanche la Pravda era capace di tanta faziosità.
E allora Steve Jobs è di sinistra perché rappresenta l’esempio del talento che, caparbio, sa che bisogna abbattere lo status quo se si vuole creare uno spazio nuovo.
Quindi anche la Thatcher era di sinistra? E Pinochet? Franco? Loro lo “status quo” l’hanno cambiato, no??
Lo è perché “Think Different” il suo spot che segna il decollo definitivo di Apple – in Italia doppiato da Dario Fo – lo dedica “ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai pianta grane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso” quelli che “non amano le regole e specie i regolamenti, e non hanno alcun rispetto per lo status quo”. E così ci sentiamo noi.
Peccato che, a dispetto di tante belle parole, la Apple abbia creato un enorme recinto governato da regole ferree: tolleranza zero sulle violazioni di copyright, onnipresenza dei brevetti, modello di business chiuso, bassa interoperabilità con le altre piattaforme, prodotti poco personalizzabili, disprezzo totale per la libertà dell’utente.
Jobs in questi anni ha creato un colosso informatico da centinaia di miliardi di dollari, un’azienda monopolista che vive succhiando rendite esagerate ai propri clienti, che non tollera concorrenza e competizione. Altro che di sinistra, Jobs era un Bill Gates con una marcia in più: il marketing.