La notizia è oramai di ieri sera, quando il Corpo Forestale dello Stato ha sequestrato gli stabilimenti della Green Hill, la nota azienda di Montichiari che si occupa dell’allevamento e della vendita di cani beagle a scopo di ricerca scientifica. Secondo quanto riportato dall’AGI, ci sono”tre persone indagate in concorso fra loro per il reato di maltrattamento di animali (art.544 ter cp)”. Soddisfatti gli animalisti della LAV che hanno contribuito a mantenere alta l’attenzione sull’unica azienda italiana che si occupi di questo tipo particolare di allevamento. Un po’ meno i ricercatori, con toni anche troppo apocalittici (Silvio Garattini, Istituto Mario Negri di Milano:”Addio alla ricerca scientifica”).
Per gli aspetti politici, la Brambilla è sempre stata in prima linea e nei prossimi mesi potremo vedere che effetti quest’episodio avrà sulla legge in discussione in parlamento. Per le responsabilità penali vedremo come vanno a finire le indagini e se si arriverà a processo. Se verrà accertato che queste responsabilità esistono, dovremo anche dire grazie alla LAV e agli altri movimenti animalisti. E non mi interessa nemmeno l’argomentazione secondo la quale ci sarebbero cose più importanti di cui occuparci: se ci sono delle regole, vanno rispettate. Punto e basta.
Eppure. Eppure non riesco a togliermi un retrogusto vagamente spiacevole. Perché questa vicenda mi suscita inevitabilmente una domanda: se invece dei beagle la Green Hill avesse allevato topi la reazione sarebbe stata la stessa? Non penso solo alle manifestazioni fuori dell’azienda di Montichiari. Mi chiedo se i mezzi di comunicazione sarebbero stati altrettanto pronti a dare spazio a topi bianchi dagli occhi rossi, se l’opinione pubblica sarebbe stata altrettanto attenta e interessata.
Sono sicuro che gli animalisti, comunque la pensiamo al riguardo, siano sufficientemente coerenti da occuparsi anche degli stabulari e dei topi da laboratorio, come mostrano i tentativi di liberazione e le manifestazioni che si susseguono a tutte le latitudini d’Italia. Raramente, però, trovano la stessa visibilità che ha trovato la vicenda Green Hill e raramente riescono a suscitare altrettanto interesse nel pubblico. Insomma, questa vicenda non mi piace perché non mi piace l’idea che la bellezza dei cuccioli possa esserne un fattore determinante. Poi penso che forse è inevitabile che sia così, che il WWF abbia preferito il panda come simbolo rispetto a qualsiasi altro insetto altrettanto in pericolo di estinzione.
Quindi arriva il pensiero più triste di tutti. Arriva quando allargo lo sguardo alla politica. Qual è il ruolo che ha avuto e ha la bellezza (e una certa disponibilità, diciamo così) per fare carriera. Mi viene il voltastomaco e per tirarmi su di morale cerco qualche foto di beagle su Google… (marco boscolo)