(Es)cogito, ergo sumFerragosto non fa rima con ozio

  Ferragosto andiamo, è tempo di partire. Il 15 di agosto rappresenta da sempre la giornata dell’esodo per eccellenza: un giorno di fuga dalla routine, dal caldo afoso delle città e dai vicini di c...

Ferragosto andiamo, è tempo di partire.

Il 15 di agosto rappresenta da sempre la giornata dell’esodo per eccellenza: un giorno di fuga dalla routine, dal caldo afoso delle città e dai vicini di casa che d’estate si fanno più rumorosi. Quest’anno però, secondo una stima della Coldiretti, più di un italiano su quattro, il 27%, è rimasto a casa, mentre il 24% ha optato per un picnic con pranzo a sacco. Soltanto il 7% degli italiani ha deciso di pranzare al ristorante.

Bei tempi quelli in cui, nelle giornate come questa, ci si dedicava all’’otium, da non confondere con l’accidia, ma inteso nell’accezione latina dove il dolce far niente è sinonimo di nutrimento per corpo e anima. Oggi, che il numero dei disoccupati, precari, esodati, cassintegrati, cresce in maniera esponenziale, l’ozio è stato soppiantato dall’horror vacui che si fa disperazione perché “senza lavoro non c’è ozio”, come diceva Jerome K. Jerome.

E così, data la contingenza, anche il Ferragosto si è fatto sobrio e in spiaggia, come per incanto, oggi si riusciva a trovare ombrellone e lettino anche se si arrivava a mezzogiorno; e nei ristoranti era possibile trovare un tavolo, pur non avendo prenotato con largo anticipo.

Chi l’avrebbe mai detto che avremmo rimpianto gli anni in cui si vagava disperatamente, sobbarcandosi ore di fila in auto, cercando un posto all’ombra su spiagge dove non c’era posto neanche per uno spillo?

Questo è il prezzo della crisi, nonostante ci sia ancora qualcuno che si ostina ad affermare che l’Italia sia in netta ripresa. Per smentire questa tesi basti pensare al numero delle attività commerciali che hanno deciso di rimanere aperte nella settimana di Ferragosto, perfino nelle grandi città.

E così in questo 15 agosto coi negozi aperti, col tintinnio delle monete (poche e maledette) si spera di coprire il rintocco delle campane a morto del nobilissimo “otium”, rimpiazzato dal più pragmatico e seducente “negotium”: perfetta negazione con lo sgambetto di un suffisso.

Noi però, almeno il giorno di Ferragosto, l’ozio lo pretendiamo. E non siamo disposti a negoziare.

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