Faccio fatica ad accettare, lo ammetto sinceramente, che un uomo di Stato, un tecnico, per altro alla guida della Nazione senza un legittimo mandato del popolo (che significato ha, oggi, questa parola?), definisca crudelmente la generazione di trentenni-quarantenni come la “generazione perduta”, ammettendo che le responsabilità appartengono ad un’altra generazione, quella precedente.
Pure? Oltre il danno, anche la beffa… Ma perché permettiamo a certi personaggi di insultarci in questo modo? Perché consentiamo loro di approfittare del caldo estivo, dell’apatia che regna sovrana nel Paese, diventando bersaglio di offese di tale portata? Mi sembra di assistere ad una sorta di “brain-washing”: vogliono convincerci che per noi non ci siano speranze, che le nostre esistenze non abbiano un senso e ci stanno riuscendo, in molti casi.
Un vero uomo di Stato dovrebbe instillare il seme della speranza nel suo popolo, parlare al cuore della sua gente, dimostrando di avere quelle doti “divine”, carisma e coraggio, unici strumenti per affrontare questi momenti di innegabile difficoltà, che tutti noi viviamo ogni giorno, da un bel po’ di tempo a questa parte.
Come fa il Signor Monti a definire “generazione perduta” tutti quei giovani, laureati e non, disposti a fare lavori umilissimi ma onesti, pur di sbarcare il lunario, a lasciare la propria patria, a combattere, quotidianamente, contro le raccomandazioni, i disservizi di un Paese alla deriva, a scontrarsi con un sistema malato che sbatte in faccia incompetenti e leccaculo (passatemi il termine, oggi ho il dente avvelenato)? Dovrebbe ringraziare i 10 milioni di “giovani perduti” che restano qui, a riempire quei tristi call center e a subire una pressione fiscale del 55%, con cui pagano anche i suoi stipendi da favola, e non solo i suoi, ahimè…
E allora fanno bene ad elaborare una sorta di “exit strategy” tutti quei giovani che, con cotanto di competenze titoli e abilità in mano, lasciano questo Paese ingrato e vanno all’estero, magari a servire ai tavoli di un ristorante di lusso, con la certezza, almeno, di essere assunti, di pagare tasse a cui corrispondono servizi ottimali, e di avere, un giorno, chi lo sa, la possibilità di realizzare un sogno, di svolgere quella professione per cui i genitori hanno investito denaro e i figli sacrificato notti insonni e vita sociale.
E quando un giorno l’Italia diverrà una Nazione di soli vecchi, non vi lamentate: allora, e solo allora, non ci saranno neppure più i giovani disposti a lavorare per pochi spiccioli e a continuare a pagarvi le pensioni. La Nazione si impoverirà sotto ogni punto di vista: economico, intellettuale e sociale e là saranno guai, guai seri…
Del resto, è fatto noto che gli italiani sono un popolo con scarsa memoria e avvezzo all’ingratitudine, e non parlo per luoghi comuni o semplicistica retorica… L’esempio più lampante ci viene tristemente consegnato dalle cronache olimpiche, dalle offese di cui Miss Federica Pellegrini, unica nuotatrice italiana ad aver infranto i record mondiali in tutte le specialità e prima donna a scendere sotto i 4 minuti nei 400 metri freestyle, è stata vittima sui più noti social network: da simbolo di riscatto per un Paese morente, modello di riferimento per giovani di entrambi i sessi, sinonimo di sacrifici ricompensati da vittorie e fama, a oggetto di scherno e riferimenti volgari per aver pubblicizzato dei biscotti. Ma si sa, l’ingratitudine è una brutta bestia, fortemente radicata nel gene italico, che condanna a morte un’atleta per un torneo olimpico sottotono, ma non si scandalizza per una classe dirigente che continua a far danno da tempo immemore, in un Paese corrotto più del Ruanda.
Ci sta a pennello la lezione di Beowulf, uno degli eroi della letteratura inglese più antica, che disse: “Il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che, lentamente, ti abitua a non avere più nulla.”
Ed è proprio così, ci stiamo abituando a non avere più niente, a non lottare più per i nostri diritti, adducendo sempre la scusa della crisi, a non poter più vivere nelle nostre case e con le nostre famiglie, a non poter decidere di noi stessi perché c’è qualcuno, lassù, che pilota, magistralmente e squallidamente, le nostre esistenze.
Possiamo accettare con stoica rassegnazione tutto ciò? Io non lo accetto e, a costo di ritrovarmi da sola a combattere contro i mulini a vento, continuerò a dire la mia, a litigare contro ogni portatore di gesti malsani di inciviltà, a denunciare il degrado che offusca le nostre città, anche nelle piccole cose, a lottare contro l’annichilimento che rabbuia le nostre menti e ci rende tristi cavie da laboratorio!
5 Agosto 2012