Carlo Giovanardi irrompe di nuovo sulla scena della lotta alla droga. Questa volta il suo bersaglio sono le parole del ministro Andrea Ricciardi, intervenuto a seguito della Relazione annuale in Parlamento sul tema della droga, presentata a Montecitorio con un mese di ritardo rispetto al normale calendario. Giovanardi si scaglia contro quella che ha definito “un’apertura all’antiproibizionismo”: “È davvero singolare che nelle settimane successive al documento sottoscritto dai 18 presidenti delle più importanti società scientifiche italiane sugli effetti tossici e pericolosi per l’organismo della cannabis, il ministro Riccardi dichiari di ‘non volersi sottrarre al dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere’”. “Purtroppo – continua – l’attività di educazione, prevenzione ed informazione, specialmente rivolta ai giovani, viene depotenziata e contraddetta da chi nega o sottovaluta i danni della Cannabis, o peggio immagina che quello della legalizzazione possa essere un tema per coagulare ideologicamente la sinistra nella prossima campagna elettorale”.
I demoni dello spinello e della sinistra, però, rischiano di sviare il responsabile dell’antidroga pidiellino dai mutamenti del mercato delle droghe. È vero, la relazione del Dipartimento politiche antidroga dimostra che il consumo di cannabis è in crescita, mentre il numero di consumatori (2,3 milioni) è in diminuzione. Ma non è questo il punto: proibire il commercio della marijuana non ci salverà (né ci ha mai salvati fino adesso). Basta leggere le proiezioni per i prossimi anni per capire che tra le droghe “tradizionali” chi spaventa non è la cannabis ma l’eroina. E nemmeno in questo caso il proibizionismo potrà evitrane la diffusione. Sono eloquenti i dati di Prevo.lab, un laboratorio regionale lombardo che monitora il mercato degli stupefacenti. Per il 2015 il gruppo di ricercatori stima che rispetto ad oggi i consumatori di eroina aumenteranno del 18% nella popolazione tra i 15 e 19 anni. I dati 2012 del Dipartimento confermano una certa stabilità del mercato, soprattutto in Sicilia e Sardegna e tra le donne. A questo si aggiungono nuove forme di “dipendenze” come la ludopatia, la malattia del gioco d’azzardo. L’abuso del gioco è un segno dei tempi: lo sballo non è più “ideologico” (la canna dei centri sociali o la striscia dello yuppie) ma un “sollievo temporaneo”, uno svago. E l’eroina torna di moda per un semplice aspetto economico: costa poco e non è più marchiata come la droga dei tossici e dei malati di Aids, come negli anni ’80 e ’90.
L’Italia brucia 31,2 miliardi all’anno per colpa delle droghe, quasi il 2% del Pil nazionale. I soldi se ne vanno in interventi delle forze dell’ordine, ricoveri nel sistema sanitario, in acquisto di sostanze e in mancata produttività. Finora, il nemico da combattere sono sempre state le organizzazioni criminali che smerciavano le droghe. Ma i fornitori di stupefacenti oggi sono anche i Monopoli di Stato, che con il gioco d’azzardo nel 2011 hanno fatturato 80 miliardi di euro. Se si guarda al di là dell’Oceano, s’intuisce chi sarà l’altro grande fornitore: le aziende farmaceutiche che producono antidolorifici e stimolanti, oggi trasformati dall’abuso in una droga. Secondo i dati del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie di Atlanta, il numero di morti per overdose da oppiacei prescritti da medici solo negli Stati Uniti è triplicata rispetto allo scorso anno. I morti sono 40 al giorno, più di quelli per abuso di cocaina ed eroina messi insieme. Il dato è del novembre 2011 eppure ne hanno parlato in pochi, nonostante la liberalizzazione del mercato dei farmaci sia un fenomeno che dagli States è approdato anche nella vecchia Europa. Con buona pace dei pasdaran del proibizionismo, oggi gli stupefacenti sono già legali.