C’è qualcuno che dubita che la lotta all’evasione fiscale debba costituire una delle principali priorità che deve avere, nella propria agenda, qualsiasi governo italiano?
Sicuramente no.
C’è pero’ una schiera sempre più folta di cittadini che, non a torto, va convincendosi del fatto che, per il Governo attualmente in carica, la lotta all’evasione sia divenuta qualcosa di più simile a una vera e propria fissazione.
E le fissazioni, anche quando partono dalle migliori intenzioni, finiscono per far perdere di vista il perché delle cose e, soprattutto, portano spesso a inattesi problemi, invece che ad attese soluzioni.
Tornando in questi giorni per l’ennesima volta sul tema, il Premier Mario Monti ha voluto dare una nuova chiave di lettura del problema dell’evasione fiscale, sottolineando che essa “produce un grosso danno nella percezione del Paese all’estero”, perché “contribuisce molto a indisporre, nei confronti dell’Italia, quei Paesi verso i quali di tanto in tanto potremmo aver bisogno di assistenza finanziaria”, in quanto questi Paesi “dicono: l’Italia è un Paese molto ricco, però lo Stato ha un fortissimo debito pubblico; eppure ci sono italiani ricchi o medi che sistematicamente non pagano le tasse”.
Tra le mille ottime, davvero ottime ragioni per cui la lotta all’evasione fiscale deve essere nel novero di quelle principali priorità da cui noi per primi siamo partiti nelle nostre considerazioni, facciamo una estrema fatica a ritagliare un posticino, anche di terza o quarta fila, a queste considerazioni del Premier.
Gli italiani stanno gia’ oggi pagando tasse e controtasse in misura superiore al 45% del PIL, nel nome del pareggio di bilancio, del rigore e dei famosi compiti per casa richiesti dall’Europa.
Gli altri Stati potrebbero avere diritto a lamentarsi del nostro rapporto con e tasse se noi italiani chiedessimo un giorno aiuti a fronte di una pressione fiscale più bassa di quella mediamente da essi applicata ai loro cittadini.
Stando così le cose, invece, proprio no.
E, anzi, le tasse che gli italiani pagano sono talmente più alte della media che gli altri Stati dovrebbero continuare a tacere anche se riuscissimo a ridurle di tre o quattro punti percentuali.
L’evasione fiscale e l’azione finalizzata al suo contrasto e’ tutto un altro paio di maniche: e’ una faccenda importantissima, ma prevalentemente interna, nel senso che attiene all’equita’ tra cittadini italiani, ossia al modo con cui quel carico complessivo viene concretamente fatto gravare sulle spalle di tutti.
A meno che, naturalmente, Mario Monti intenda, con queste affermazioni, gettare definitivamente la maschera e spiegare che le entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale, ivi comprese quelle strutturali e quindi stabili in chiave prospettica, non saranno utilizzate mai e poi mai per ridurre le imposte e andranno invece a cumularsi sempre e ancora sempre alle entrate di cui gia’ oggi dispone lo Stato.
Ove ciò accadesse, otterremo soltanto di far gradualmente emergere la pressione fiscale “reale” che, sulla parte non sommersa del PIL, e’ gia’ oggi intorno al 54-55%.
Dopodiché potremo chiudere bottega, altro che abbattere il debito pubblico, perché nessuna economia potrebbe reggere un impatto del genere.
La storia dell’evasione fiscale, come principale danno di immagine per l’Italia all’estero, indispone anche molti di coloro che evasori non sono.
Almeno quanto gli ormai celebri slogan sugli evasori che danno pane avvelenato ai figli; sugli evasori che mettono (loro non lo Stato) le mani in tasca agli italiani; sull’evasore parassita principe della società.
Tutte cose in buona parte vere, ma decontestualizzate in modo intollerabile, rispetto ad uno “scenario Paese”, nell’ambito del quale certi toni, nei confronti di chi dissipa risorse pubbliche o occupa in modo inamovibile posti di lavoro nella pubblica amministrazione senza il giusto rendimento, sarebbero considerati decisamente poco sobri.
Quello che danneggia l’immagine dell’Italia all’estero e ne tiene alla larga i potenziali investitori, e’ la corruzione nel settore pubblico; sono le enormi incertezze che accompagnano qualsiasi iter amministrativo gestito da una burocrazia pubblica fuori controllo; e’ l’incapacità della giustizia di assicurare il raggiungimento di almeno una parvenza di quella che dovrebbe essere la sua missione; e’ il folle livello di tassazione che grava su chi produce; e’ la certezza di un rapporto con il fisco problematico ed estremamente conflittuale, anzi di vero e proprio stato di guerra.
Nessuno qua sta con gli evasori, ma certe intemerate a senso unico hanno proprio stufato.