E così, dopo un lungo lavoro svolto con l’approssimazione che contraddistingue il ministero di riferimento in ogni aspetto del suo operato, sono arrivate le famose mediane, i valori minimi di produzione scientifica che, settore per settore costituiranno il punto di partenza per l’attribuzione delle idoneità all’assunzione come professore associato o alla promozione a ordinario nelle università, nonché per la possibilità di accedere alle commissioni di abilitazione. Sull’approssimazione di tutta l’operazione sono già intervenuti in tanti, e ho fatto qualche riferimento qui. In particolare, le procedure per arrivare a questi risultati (peraltro cambiati in corso d’opera) .
Eppure, chi come me ha cercato di seguire alcuni aspetti di questo acceso dibattito nel corso del tempo non può che restare perplesso da come le conclusioni abbiano sostanzialmente mostrato quanto siano state inutili tante delle recriminazioni che si sono sentite negli ultimi mesi sull’operato dell’Agenzia di valutazione in materia.
Devono essere rimasti delusi quelli che, soprattutto dopo la circolazione della “supplica” rivolta al Capo dello stato da Alberto Abruzzese per la “salvezza dell’università” a fine luglio, hanno paventato (con critiche che in linea generale e di principio sono anche ragionevoli, ma utilizzate in modo un po’ tendenzioso) la deriva “meritocratica” del sistema di reclutamento basato sulle valutazioni, verso una “mistificazione specifica del capitalismo cognitivo in crisi”. E tutti quelli che stavano preparando (legittimamente e attaccando effettivamente falle del tutto evidenti) ricorsi contro eventuali esclusioni, si saranno accorti che quelle preoccupazioni un po’ pelose erano premature.
Altrettanto delusi saranno coloro che vedevano in queste procedure, dopo decenni di esasperazione che sicuramente li ha portati ad esprimersi in modo scomposto, l’ultima speranza per riuscire, in qualche modo, a “fare mobbing su quelli giovani ma mediocri o peggio per farli andare in pensione (p.es. tagliandoli fuori dalle commissioni di concorso e facciamone degli zombies)”, fino a “quando poi i nostri colleghi avranno imparato ed il clima sarà cambiato”. Personalmente, mi sono appassionato solo in parte alle polemiche tra ROARS e Noisefromamerika seguite all’ingresso dell’autore di queste parole nel Gruppo di lavoro per le procedure per la abilitazione scientifica nazionale nei settori non bibliometrici. In particolare, più che un animo non consono a un ruolo pubblico così delicato, l’infelice richiamo al mobbing mi ha trasmesso un senso di impotenza: siamo di fronte a una persona influente nei meccanismi istituzionali del ministero, e anche a sentire lui questa riforma potrà dare qualche risultato positivo solo attraverso circostanze non previste dalla legislazione e incontrollabili, e attraverso una pratica dei rapporti di lavoro esplicitamente riconosciuta come illegittima. La trasparenza di un sistema in cui i pesi morti smettano semplicemente di lavorare, a seguito di scelte di responsabili i quali, a loro volta, pagheranno le conseguenze della loro politica, è davvero così impossibile da ottenere, da dover essere sostituita da una invocazione al mobbing? La sostanziale inefficacia della riforma a raggiungere risultati sul piano dell’efficenza di gestione, insomma, è dichiarata formalmente da uno dei suoi maggiori sostenitori, al quale probabilmente non piacerà il fatto che anche questa flebile speranza di arrivare a buoni risultati attraverso la promozione dell’aperta illegalità cada di fronte alla natura delle mediane.
Perché tutto questo? Perché, molto semplicemente, sicuramente nei settori che conosco meglio (ma i commenti sono simili anche in molti altri) qualunque dottore di ricerca che abbia dato prova di una certa capacità analitica arriva poco dopo il conseguimento del diploma ai requisiti minimi per accedere all’idoneità persino al posto di professore ordinario, e ben poco di più serve per avere la possibilità d entrare in commissione. La scelta che si è fatta, come ho più volte ipotizzato, è sostanzialmente quella di rendere innocua ogni forma di selezione preliminare (nella consapevolezza che qualunque limitazione all’accesso ai ruoli fondato esclusivamente sull’applicazione meccanica di dati quantitativi sarebbe stato apertamente contestato e in pericolo per il rischio di ricorsi fondati), così da lasciare di nuovo alle singole sedi, sostanzialmente senza ostacoli, la possibilità di gestire le carriere, con l’unico, possente limite di una carenza di risorse strutturale che, attraverso un po’ di sana retorica a cui ormai siamo abituati, potrà essere spacciata per “concentrazione delle risorse sull’eccellenza” attraverso la benedizione di un’abilitazione fittizia. Resta solo la curiosità, non di poco conto, di conoscere di quali valori queste mediane siano “mediane”…