Città invisibiliA Sepino archeologia vs. eolico. Una sconfitta condivisa

Archeologia e energie rinnovabili, ovvero passato e presente/futuro. Ma anche in un’ottica più virtuosa due potenzialità da non disperdere. Esaltandole. Rendendole capaci di divenire, a tutti gli e...

Archeologia e energie rinnovabili, ovvero passato e presente/futuro. Ma anche in un’ottica più virtuosa due potenzialità da non disperdere. Esaltandole. Rendendole capaci di divenire, a tutti gli effetti, risorse.
In ogni caso, evitando di farle entrare in conflitto, di trasformarle in antagoniste. Circostanza che, invece, si è puntualmente verificata, in Molise, al sito archeologico di Sepino. Dove è stato dato il via libera ad un impianto di pale eoliche. In tempi rapidi e con l’ “imprimatur” del soprintendente archeologo. Una storia di interessi particolari, con protagonisti il funzionario regionale del Mibac, sconfessato dai superiori e inquisito dal giudice penale e dalla Corte dei Conti ed un altro funzionario pubblico, comproprietario della società decisa ad investire diversi milioni di euro nell’operazione. Una storia nella quale trova posto anche un altro personaggio, questo a difesa delle rovine. Un dirigente che per affermare il rispetto della legge, per tentare di contrastare l’impianto eolico, ha ricevuto una richiesta di danni pari a 23 milioni di euro da parte dei costruttori.
L’archeologia italiana, quasi a dispetto dello sconsiderato disinteresse dimostrato de facto dalla gran parte della classe dirigente del Paese, continua a conservare straordinarie testimonianze. Non solo monumenti isolati, seppur magnifici nel loro splendore, ma intere città. Spesso non scavate per intero, ma comunque ampie porzioni dell’antico sviluppo urbano. Come accade a Saepinum. Il sito di origine sannitica, vicino a Sepino, il paese moderno in provincia di Campobasso.
Qui, nella vallata del fiume Tammaro, all’incrocio con altre direttrici utilizzate per la transumanza, sull’asse di tratturo compreso tra Boiano e Benevento, il più importante della dorsale appenninica, sono i resti della città romana, scavati a partire dagli anni Cinquanta. Con le mura e le trenta torri e tre delle quattro porte urbiche, il Foro rettangolare pavimentato con lastroni in pietra lavorata, sul quale si affacciavano, la Curia, il Capitolium e la Basilica con le colonne che circondavano il peristilio. Con il Macellum e le terme. Con il teatro, capace di contenere circa 3mila posti, e la palestra. E ancora, i resti di una casa con impluvio sannita in pietra lavorata e i resti di un edificio industriale con diverse vasche sotterranee ad imbuto. Quindi la celebre fontana del Grifo.
Con accanto ai resti antichi, le caratteristiche case coloniche (a partire da quelle che seguono l’andamento semicircolare della platea del teatro), realizzate quasi interamente con materiali di reimpiego a partire dal XVII secolo ed in parte riutilizzate come sede di un lapidario e per gli uffici dei custodi.
Un insieme, indivisibile, costituito da architettura e ambiente che i secoli hanno contribuito a rafforzare. I greggi di pecore dei quali si parla in controversie di età romana, ancora percorrono i vecchi tratturi e pascolano tra i monumenti della città romana. Tratturi che hanno per certi versi giustificato l’impianto di Saepinum.
Ora ad alterare questo rapporto, ad insistere addirittura su presenze archeologiche, provvederà la palizzata di 16 pale eoliche, ciascuna alta 130 metri. Da impiantare sulla cresta delle colline che dominano la valle. Con l’autorizzazione della Soprintendenza Archeologica e l’appoggio della Regione.
Una vicenda iniziata nel maggio del 2005. Con la presentazione, da parte della società Essebiessepower, alla Soprintendenza archeologica del Molise, del progetto di impianto eolico. Presentazione alla quale, rapidissimamente, l’organo di tutela e valorizzazione rispose positivamente. Colpevolmente tralasciando di verificare con l’attenzione necessaria, se non attraverso un sopralluogo in loco, almeno con uno spoglio della bibliografia esistente, la presenza di testimonianze archeologiche nell’area del progetto. Dunque alla fretta può ascriversi il non aver considerato che in uno studio del 1982 (Maurizio Matteini Chiari (a cura di), Saepinum. Museo documentario dell’Altilia, Campobasso), proprio nell’area sulla quale andranno realizzate le pale, c’era una antica strada sannitica, risalente ai secoli V-VI a. C., sopravvissuta come callis romana.
Dopo poche settimane la decisione del Soprintendente viene impugnata dal Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici che avverte la Regione di voler imporre un vincolo per “salvaguardare l’incontaminato contesto paesaggistico che incornicia il gioiello archeologico monumentale e paesaggistico di Sepino-Altilia”. A partire da questo momento, inizia la battaglia dei due fronti. Che vede coinvolti un numero crescente di persone, di istituzioni. Oltre alla Corte dei Conti e al Mibac, anche la magistratura ordinaria. Che rinvia a giudizio il soprintendente per “danno a bene immobile aggravato dal fatto che si tratta di bene vincolato”. Trascinando la questione per anni.
Un rapidissimo ma doveroso accenno lo merita la società “Essebiessepower”. I cui proprietari, moglie e marito, insieme, da soli o con i figli, risultano presenti con quote di maggioranza o di partecipazione importante in altre 11 imprese che si occupano di energie rinnovabili. Un piccolo impero collegato a quello di “Fortore energia”, gruppo alleato di un big tedesco dell’energia. Motore della società di Sepino, un funzionario della provincia di Caserta, già sub commissario delegato all’emergenza rifiuti nel Casertano in passato ed attualmente “esperto delle energie rinnovabili”. Un motore con molta benzina, dal momento che ogni pala eolica viene a costare, secondo stime di Legambiente, intorno ai 3 milioni di euro. Cifre davvero esorbitanti per un funzionario che ha uno stipendio lordo di circa 81mila euro annui.
In attesa che la Giustizia decreti chi sono i colpevoli di questa vicenda, la triste considerazione di quasi sempre. Non sappiamo valorizzare quel che immeritatamente il passato ci ha donato.

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