A mente freddaCapitalismo fiducia e correttezza nelle parole di Benjamin Franklin: una lezione da riprendere?

Da anni ormai viviamo una crisi economica e finanziaria che, in tutte le sue varie manifestazioni, si rivela soprattutto come una crisi di fiducia nella solvibilità dei debiti privati e sovrani. Io...

Da anni ormai viviamo una crisi economica e finanziaria che, in tutte le sue varie manifestazioni, si rivela soprattutto come una crisi di fiducia nella solvibilità dei debiti privati e sovrani. Io non sono un esperto di studi economici, ma mi accorgo come da queste impressioni derivino varie conseguenze a cascata che colpiscono la vita di tutti. Penso quindi che possa essere interessante andare a scavare alle origini di uno strumento, quello del prestito, che si è rivelato un fondamentale moltiplicatore per la capacità di sviluppo materiale della nostra civiltà, e che nel corso del tempo ha assunto forme sempre più complesse e impersonali. I creditori gestiscono sempre più raramente in modo diretto il denaro che posseggono, e delegano professionisti del settore, che non prestano più a individui ma a imprese, agenzie collettive, paesi interi, trovando sempre meno controllabili le possibilità di prevedere i destini di tali investimenti. Tuttavia, al fondo di tutti questi meccanismi risiedono sempre alcuni elementi di base che si sono costruiti nel tempo attraverso le relazioni interpersonali: la fiducia e la sua capacità di ispirarla attraverso scelte e comportamenti adeguati.

In questo senso, forse assai più che in altre concezioni pur legittime e decisamente più elaborate sul piano intellettuale, si può trovare l’idea di base che ha spinto, all’inizio del secolo scorso, Max Weber a individuare un’etica di comportamento nello spirito capitalista. Già allora il sociologo tedesco invitava a comprendere i caratteri originari di una modernità economica messa così frequentemente e duramente in discussione guardandone i primi passi, e nel suo L’etica protestante e lo spirito del capitalismo aveva per questa ragione scelto di iniziare la sua riflessione da alcune pagine scritte tra 1736 e 1748 da Benjamin Franklin. In alcuni suoi scritti rivolti all’educazione dei giovani alla vita civile, il “padre fondatore” degli Stati Uniti forse più noto per la capacità di unire la complessità della riflessione intellettuale con la concretezza del sapere pragmatico dettato dall’esperienza individuava una serie di comportamenti espressi in termini semplici e immediati, ma che sotto questa apparenza rivelano una profondità su cui forse è bene riflettere. Non si tratta, naturalmente, di guardare nostalgicamente a rapporti personali ed economici profondamente legati alla loro epoca e oggi improponibili, ma magari di individuare in certi giudizi la radice di comportamenti che sono ancora nostri, e quindi di guardare a quanto sta accadendo oggi col giusto atteggiamento.

Ricordati che il tempo è denaro; chi potrebbe guadagnare col suo lavoro dieci scellini al giorno, e va a passeggio mezza giornata, o fa il poltrone nella sua stanza, se anche spende solo sei pence per i suoi piaceri, non deve contare solo questi; oltre a questi egli ha speso, anzi buttato via, anche cinque scellini.

Ricordati che il credito è denaro. Se uno lascia presso di me il suo denaro esigibile, mi regala gli interessi, o quanto io in questo tempo posso prenderne. Ciò ammonta a una somma considerevole se un uomo ha molto buon credito, e ne fa buon uso. […]

Ricordati che – ocme dice il proverbio – chi paga puntualmente è il padrone della borsa di ciascuno. Colui di cui si sa che paga puntualmente alla data promessa, può in ogni tempo prendere a prestito tutto il denaro, di cui i suoi amici non hanno bisogno.

Ciò è di grande utilità. Insieme colla diligenza e colla sobrietà, niente aiuta un giovane a farsi la sua strada nel mondo, quanto la puntualità e l’esattezza in tutti i suoi affari. Perciò non tener mai il denaro preso a prestito un’ora più di quel che tu hai promesso, acciocché il risentimento del tuo amico per il ritardo, non ti chiuda per sempre la sua borsa.

Le azioni più insignificanti, che hanno influenza sul credito di un uomo, debbono esser da lui tenute in considerazione. Il colpo del tuo martello, che il tuo creditore sente alle cinque del mattino od alle otto di sera, lo rende tranquillo per sei mesi; se ti vede al bigliardo o ode la tua voce all’osteria, quando dovresti essere al lavoro, la mattina seguente ti cita per il pagamento ed esige il suo denaro prima che tu l’abbia disponibile. […]

Per sei sterline all’anno puoi aver l’uso di cento sterline, dato che tu sia un uomo di nota avvedutezza ed onestà. Chi spende inutilmente un grosso al giorno, spende inutilmente sei sterline all’anno, e questa somma è il prezzo per l’uso di cento sterline. Chi perde ogni giorno una parte del proprio tempo per il valore di un grosso e possono essere solo due minuti, perde, da un giorno dietro l’altro, il privilegio di usare cento sterline per un anno.

[Pagine tratte da B. Franklin, Necessary Hints to Those Who Would Be Rich (1736) e da Advice to a Young Tradesman (1748), cit. in M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1905), Roma, Edizioni Leonardo, 1945, pp. 34-36, trad. di Piero Burresi]

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