Le cinéma autrementEsce Lawless, film scritto e musicato da Nick Cave ma non è un granché

Esce oggi nelle sale londinesi l'ultimo film di John Hillcoat, scritto e musicato da Nick Cave. Siamo andati all'anteprima, alla presenza di regista e sceneggiatore.Devo ammetterlo, so poco o nulla...

Esce oggi nelle sale londinesi l’ultimo film di John Hillcoat, scritto e musicato da Nick Cave. Siamo andati all’anteprima, alla presenza di regista e sceneggiatore.

Devo ammetterlo, so poco o nulla di Nick Cave. Non mi guardate così, ero troppo piccola negli anni Ottanta, e negli anni Novanta il grunge e il brit pop la facevano da padrone, almeno per quelli della mia età. Paradossalmente, lo associo di più al cinema che alla musica, a causa della particina fatta in Wings of Desire (1987) di Wim Wenders. Perciò non sono rimasta particolarmente colpita quando ho visto che Everyman Screen on the Green (un cinema nel quartiere di Islington) organizzava un’anteprima di Lawless, l’ultimo film di John Hillcoat scritto e musicato da Nick Cave, alla presenza di regista e sceneggiatore. C’è voluto un amico inglese, fan sfegatato per trascinarmi fin lì, rinunciando a una delle poche serate tiepide che l’estate londinese ci ha concesso per quest’anno.

Iniziamo dalla sala. Screen on the Green è parte del franchise Everyman, una catena dedicata al cinema d’essai. Ce ne sono tre in tutta Londra: Everyman ha sale prevalentemente nei quartieri verso Nord (Angel/Islington, Hampstead, Maida Vale, Baker Street), Picture House domina a Sud (Clapham, Brixton), i cinema Curzon occupano il centro città (Soho, Mayfair, Brunswick). La sala di Islington è una meraviglia, esempio di architettura cinematografica Edwardiana risalente al primo decennio del XX secolo – l’edificio è stato costruito nel 1911 e perfettamente conservato fino a oggi nelle forme e proporzioni originarie. C’è un foyer, un bar al termine della sala, poltrone di velluto confortevoli dotate di tavolini e uno schermo sufficientemente grande – niente di comparabile con le multisale, ma comunque dignitoso. Le maschere ti accompagnano al posto, puoi ordinare da bere e da mangiare e goderti l’atmosfera rétro mentre delle pubblicità discrete scorrono sullo schermo prima della proiezione.

Son riuscita a prenotare un biglietto appena in tempo, dato che il cinema ha “solo” 125 posti che sono spariti nella prima ora dalla messa in vendita. Una première con Nick Cave in carne ed ossa attira spettatori di tutti i tipi, dai giovani hipsters studenti di cinema fino a coppie dell’età dei miei genitori – d’altronde, per quanto in forma, il leader dei Bad Seeds ha pur sempre solo due anni in meno di mia madre. Prima della proiezione sono stata diligente: per arrivare preparata e combattiva al Q&A che è seguito alla visione del film, mi sono ascoltata i pezzi consigliatimi dall’amico fan (Grinderman incluso) e ho esplorato il sito ufficiale della band, con musica fotografie disegni e scritti dell’uomo dai molti talenti, Nick Cave.

Lawless è il terzo film dell’australiano John Hillcoat (classe 1961) dopo The Proposition (2005, uscito in Italia solo in DVD) e The Road, tratto dal romanzo post-apocalittico del premio Pulitzer Cormac McCarthy e presentato a Venezia nel 2009. E’ il secondo film sceneggiato e musicato da Nick Cave con Warren Ellis (il chitarrista/violinista dei Bad Seeds), con cui Hillcoat collabora sin dalla fine degli anni Ottanta. Tratto dalle romanzo The Wettest County in the Worlddi Matt Bondurant sulla vita dei suoi antenati ai tempi del proibizionismo, è una saga familiare a metà tra Western e Gangster movie che racconta le vicende di tre fratelli (interpretati da Shia LaBoeuf, Tom Hardy e Jason Clarke) contrabbandieri di moonshine, un liquore micidiale autoprodotto in distillerie illegali nelle montagne della Virginia, composto al 99% di alcool.

Il trailer ufficiale di Lawless.

Col rischio di passare per incontentabile, Lawless non m’è piaciuto granché. Lo ammetto, non ho una grande passione per i Western e i Gangster movie (eccezion fatta per C’era una volta in America), forse per la figura grama e assolutamente ancillare che ci fanno quasi sempre le donne, forse perché tutti i discorsi di virilità, onore, rispetto e natura indomita mi lasciano sostanzialmente indifferente. Non so che impressione abbia avuto il resto del pubblico in sala, ma John Hillcoat e Nick Cave son stati accolti da un applauso lungo e sufficientemente caloroso. Sul palco, Hillcoat è abbastanza anonimo ai confini del bolso, mentre Cave è una rockstar fatta e finita, in completo nero, scarpe di vernice a punta, bracciali e anelli. I due se la ridono, si vede che si conoscono da anni: nonostante l’aria da bello e maledetto, Cave esercita con consumata abilità l’arte dell’understatement all’inglese (vive a Londra da più di dieci anni ormai), strappando più di una risata al pubblico.

Lungi dall’essere un incontro unicamente celebrativo, il Q&A con i due autori del film ha fatto emergere alcuni tra i punti critici del film, che spiegano in parte l’accoglienza fredda riservata a Lawless nella stampa britannica.

Primo: la difficoltà nell’adattare il romanzo di Bondurant. “Dietro la lavorazione di Lawless c’è stato un grande lavoro di ricerca: abbiamo cercato di ricostruire la storia di quelle famiglie non solo attraverso le vicende che li hanno visti protagonisti, ma anche ricreando gli ambienti che abitavano, gli oggetti che usavano, i vestiti che indossavano” esordisce Hillcoat. A domande più precise però, sui testi e sulle fonti iconografiche utilizzate, rimane sul vago, dicendo di non voler invadere la privacy dei Bondurant. E’ vero, il film ricostruisce con estrema accuratezza le case, gli alberghi e i bar, riempiendoli di oggetti d’epoca, ma non è sufficiente per tenere insieme una storia in cui le cui motivazioni profonde dei personaggi rimangono oscure. Cave rincara la dose quando, tra il serio e il faceto, rimprovera a Hillcoat di avergli bocciato “una sceneggiatura originale di un Western ambientato in Australia. Quando mi ha proposto di adattare il romanzo di Bondurant non ero del tutto sicuro di voler mettere le mani su un testo non mio.”

Secondo: il rapporto con il cast. In un’intervista a Little White Lies, Hillcoat ha dichiarato quanto sia stato difficile gestire un gruppo di attori dalle personalità dominanti, in particolare Tom Hardy e Guy Pearce – che nel film interpreta un poliziotto corrotto e sadico, dall’aspetto francamente rivoltante. In perfetto equilibrio tra ironia e critica aperta (come solo gli inglesi sanno fare), Cave racconta: “Durante le mie visite sul set rimanevo stupito dalla quantità di modifiche nei dialoghi fatte da Hardy – molte delle battute diventavano dei mugugni o sparivano del tutto, a causa del pesante accento americano costruito per il personaggio. Il ruolo del fratello maggiore comporta in qualche misura un atteggiamento materno, sono d’accordo, ma quando Tom disse di voler interpretare Forrest Bondurant come una vecchia lesbica scontrosa iniziai a preoccuparmi. Oltretutto, il fisico massiccio di Tom c’entrava ben poco con l’idea del personaggio che avevo in testa.” Incalzato dalle domande del pubblico, Hillcoat scherza sull’estrema sollecitudine di Guy Pearce, che ben prima di essere scritturato pensava all’aspetto del proprio personaggio: “E’ stata sua l’idea di depilarsi totalmente le sopracciglia e tingersi i capelli di nero: voleva che il primo cattivo della sua carriera fosse il più disgustoso possibile.”

Insomma, un set affollato di prime donne molto poco concentrate sulla buona riuscita di un film che, per ammissione dello stesso sceneggiatore, non raccontava una storia convincente. Di fronte a questi problemi, Hillcoat “si arrende” e confessa il terzo, più grosso problema: Lawless era in cantiere dal 2008, ma la crisi finanziaria ha costretto gli studios ad accantonare il progetto perché troppo costoso. Il nuovo gruppo di produzione ha comportato la necessità di un nuovo casting e spinto per girare in Georgia anziché in Michigan, dove il tax rebate (il credito d’imposta concesso alle produzioni cinematografiche) è più vantaggioso.

Se è vero che Lawless ha molti difetti, è altrettanto vero che la musica di Nick Cave contribuisce a salvarne molte scene. Intervistato dal Guardian e da Little White Lies, Cave ha dichiarato che musica e sceneggiatura sono il frutto dello stesso processo creativo, scritte più o meno in contemporanea. “Per Lawless abbiamo voluto una colonna sonora bluegrass senza le qualità mimetiche già ascoltate in Fratello dove sei? dei Cohen. Volevamo che le canzoni trascendessero il film per arrivare a dire qualcosa in più sul problema del proibizionismo oggi – penso alla liberalizzazione delle droghe leggere. Per questo abbiamo deciso di far cantare pezzi bluegrass a una band che ne sapeva poco o nulla [i Bootleggers, un gruppo fondato appositamente per il film con membri dei Bad Seeds, nda] e di far cantare a leggende della musica bluegrass come Ralph Stanley pezzi dei Velvet Underground come White light white heat.” Un lavoro raffinato, che si mescola alla perfezione con le sequenze più adrenaliniche e violente del film.

Memore delle scene di ordinaria follia a Venezia, al termine del Q&A mi aspetto il peggio: Nick Cave è una delle più grandi rockstar viventi, ci sarà sicuramente una folla di groupies (più o meno attempate) che lo rincorreranno per foto e autografi. E invece, con mio grande stupore, nulla. Sceso dal palco se ne sta lì, lungo e secco com’è, appoggiato al muro del cinema, nella penombra: scambia qualche parola con due o tre spettatori, stringe qualche mano e poco dopo si incammina per Upper Street nella tiepida sera londinese. Vi dirò, comincia a piacermi.

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