Chiedi alla polvere. Storie di droga e narcotrafficoI “bambini-soldato” dell’Honduras

Anche l'Honduras ha i suoi bambini soldato, 4.700 secondo l'ultimo rapporto Unicef, datato luglio 2012. Sono sbandati delle periferie di Tegucigalpa e San Pedro Sula, privi di prospettive e spesso ...

Anche l’Honduras ha i suoi bambini soldato, 4.700 secondo l’ultimo rapporto Unicef, datato luglio 2012. Sono sbandati delle periferie di Tegucigalpa e San Pedro Sula, privi di prospettive e spesso con un’istruzione molto bassa. Finiscono nel giro delle bande armate anche a sei anni. Così cominciano a combattere nelle pandillias dei quartieri popolari, squadroni di strada che s’ammazzano per il controllare il mercato della droga e dei sequestri. Le più famose sono Mara Salvatrucha (o MS-13) e Barrio 18, ormai delle vere e proprie organizzazioni criminali con affiliati anche in Paesi confinanti. Sono nate negli anni ’80, nella periferia di Los Angeles, per difendere i connazionali dalle bande straniere, poi sono tornate in patria. Oggi la loro è una guerra fratricida, alimentata anche dalla presenza di alcuni cartelli messicani, prima di tutti i Los Zetas, che le utilizzano come corrieri della droga. Sono questi gli ingredienti che hanno trasformato l’Honduras nel luogo più pericoloso tra i Paesi ufficialmente non impegnati in un conflitto, un inferno da 20 morti violente al giorno (un tasso di 82,1 assassinii per 100.000 abitanti). L’Honduras, quindi, sta combattendo una guerra: un conflitto strisciante, che vive all’ombra di quello dei cartelli messicani. Piano piano, “la guerra dei cartelli “è sconfinata, contagiando El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua.

L’ultima vittima della lotta per il predominio delle gang si chiamava Belinda Guevara Engie Peraza, una ragazzi di 16 anni che frequentava un Istituto di ragioneria. È il 5 settembre quando viene ritrovata morta. Una studentessa modello, con voti molto alti e nessuna frequentazione poco raccomandabile. Probabilmente, prima dell’omicidio, è stata violentata. E in quest’assurda mattanza, i veterani che impongono gli ordini hanno poco più che vent’anni. La maggior parte dei delinquenti è entrato nelle pandillas tra gli 11 e i 20 anni, spinto da una sete di denaro e potere.

Nel distretto centrale, in nove scuole su dieci la violenza è materia di ogni giorno. Chi non rispetta gli ordini o tenta d’andarsene, perde il suo status sociale e diventa un emarginato. Ecco perché gli affiliati esibiscono senza timori i loro tatuaggio con cui si fregiano di appartenere ad una banda criminale. Vivono nell’impunità nella stragrande maggioranza del Paese.
Negli istituti secondari, le insegnati sono il primo bersaglio delle bande criminali. Lo racconta al quotidiano La Prensa Gilberto Aníbal Benítez, il responsabile del dipartimento Istruzione della provincia di Cortés, dove si trova San Pedro Sula. Qui sono concentrati il 60% dei militanti delle gang honduregne. Riporta la vicenda di un’insegnate che un giorno è venuta a implorarlo per un trasferimento. “Fatemi andar via da qui – diceva -, la mia vita è in pericolo“. Ogni settimana la docente doveva pagare a una gang 300 lempiras (15 dollari) per la sua sicurezza. “Non sappiamo più cosa fare – spiega un altro insegnate intervistato da La Prensa– sentiamo che la morte ci insegue. È una minaccia persistente, molto chiara”. Come gesto d’intimidazione, gli studenti delle bande scaricano i loro Ak-47 nelle scuole o sulle auto degli insegnati. “Mentre entriamo in aula – commenta un professore – ci puntano le armi alla testa”.

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