In un post sul suo popolare blog, Amedeo Balbi se la prende con chi non perde l’occasione di prendere per i fondelli i vincitori dei premi Ig Nobel, i premi dati alle ricerche che “prima ci fanno ridere, poi ci fanno pensare”. Il perché è presto detto. Raccontate come se si trattasse delle bizzarrie di un nugolo di freakettoni e tipi eccentrici, le ricerche premiate non fanno altro che confermare “il pregiudizio negativo della (cospicua) parte di opinione pubblica, di intellettuali e di politici maldisposta nei confronti della scienza”. Non so se sia automatico il passaggio per cui dalle risate si passi alla considerazione che “gli scienziati perdono tempo in attività inutili, sono infantili, eccentrici o pazzi, e sprecano denaro (il nostro, sottinteso)”, ma mi sento chiamato in causa come uno di coloro che dai media accrescerebbero questo pregiudizio pensando alla scienza non solo in termini di conquiste intellettuali, ma anche di utilità pubblica.
Da questo blog non mi sono tirato indietro quando c’erano soldi (europei, in quel caso) investiti in modo apparentemente bizzarro. Ho usato, lo ammetto un tono sarcastico che forse ha irritato quanti la pensano come Balbi. Pazienza. Altre volte, però, sempre dalle colonne di questo giornale, ho raccontato i benefici anche economici della ricerca, come nel caso del bosone di Higgs.
L’idea del Balbi-pensiero che trovo irritante è che la scienza, tra tutte le attività umane, debba essere considerata al di fuori del normale processo di critica, di satira, di discussione, ecc., perché altrimenti ne esce un’immagine negativa che il paese in cui “i Monty Python e The Big Bang Theory non abbiano mai avuto molto successo” alimenta attraverso la casta di “accedemici tromboni, preferibilmente umanisti”. Questo giornale e moltissimi colleghi giornalisti che scrivono e raccontano l’Italia e il mondo da altre colonne sono sempre pronti a puntare il dito su sprechi, malaffari, malfunzionamenti, imbrogli, storiacce e quant’altro che avvengono qui come altrove nel mondo. In tutti i campi: la politica specialmente, ma anche il mondo del lavoro, la società, il costume, la nera, l’economia e, perché no, anche la scienza.
In questi mesi il giornalismo mondiale sta raccontando nei minimi dettagli come il mondo della finanza sta tamponando (o cercando di aggravare, secondo i punti di vista) la crisi mondiale. Si tratta di un ambito altrettanto tecnico, complesso, sfuggente per chi non è un addetto ai lavori che è terreno fertile per errori e malinterpretazioni. Dovremmo abbandonare questo racconto perché non abbiamo sufficiente cultura economica diffusa nel nostro Paese?
Quello che non mi piace nel post di Balbi è il fatto che a dire che la scienza deve essere lasciata in pace è uno scienziato (astrofisico dell’Università Tor Vergata di Roma): uno che fa parte di quella impresa di cui i narratori non si devono permettere di guastare l’immagine. A peggiorare la mia opinione c’è la sua passione per la divulgazione. Autore di libri e di un blog che talvolta viene anche ripreso da ilpost.it, potrebbe utilizzare queste occasioni per raccontare la scienza come la vede lui invece di fare il gioco da bar di criticare il racconto degli altri senza proporre niente di costruttivo. (marco boscolo)