“Non abbiamo dimenticato il vostro santo governo, sotto il quale un tempo abbiamo vissuto in pace ed al quale, con l’aiuto del Signore, con tutte le forze aspiriamo tornare” sottomessi “al gravissimo giogo di genti straniere” ma con una ferrea volontà a ritornare nel seno dell’impero e alla fede di Calcedonia. Si spenga il giogo barbarico si ritorni all’originaria libertà; al tempo debito accorreremo ai vostri piedi e renderemo ragione della nostra fede“.
(Sinodo vescovi Venetia et Histria 590, messaggio a Maurizio Imperatore di Bisanzio)
Si narra che durante la guerra gotica, ossia quando l’Impero di Bisanzio riconquistò la penisola italica (535-553), il generale eunuco Narsete, alla guida delle truppe imperiali, passò per le lagune venetiche e da li fu aiutato a trasportare l’esercito attraverso i lidi. Questo permise al capo bizantino di tagliare la strada al nemico e di giungere a Ravenna, giusto in tempo prima che cadesse in mano gota.
Narsete vinse la guerra contro Totila, l’Immortale, e divenne capo assoluto della nuova provincia italica. Essa rimase pressoché intonsa solamente per pochi anni, poiché i Longobardi arrivarono portando l’Italia nel medioevo e distruggendo l’integrità territoriale dell’antica provincia della Venetia et Histria. Così era chiamata quella macro area che comprendeva l’odierno Veneto, Friuli, Trentino, Istria, parte della Lombardia (Mantova, Cremona, Brescia, Sondrio) creata al tempo dall’Imperatore Augusto e che da il nome all’odierna Venezia. Ora in mano ai Bizantini rimaneva ben poco sul territorio. Grado era la roccaforte sul litorale venetico che ospitava il Patriarca, fuggito da Aquileia dalle lame longobarde. Oderzo, capitale amministrativa della Venetia et Histria, che rimase tale fino alla sua distruzione per mano del re longobardo Rotari nel 639. Eracliana, roccaforte bizantina, chiamata così per onorare l’Imperatore Eraclio. Vi erano, infine, le varie isole della laguna. La più importante, secondo Giovanni Diacono il primo storico venetico, era quella di Rivoalto, dove vi erano allocate la sede del ducato e la sede vescovile. Torcello, famoso mercato e popolatissima di ogni gente, e luogo sicuro, non per via della sue possenti mura ma perché accerchiata interamente da impenetrabili acque basse e melmose. Lo stesso valeva per l’altra isola di Metamauco e per quella di Murano. Vi erano infine quelle di Chioggia Minore e Maggiore.
Insomma un crogiuolo di piccole isole che erano governate da un Magister Militum, ossia una sorta di alto ufficiale militare, inviato da Costantinopoli. Questa presenza è testimoniata nella chiesa dedicata alla Madre di Dio a Torcello, dove in una lapide appare scritto:
«Nel nome del Signore Dio nostro Gesù Cristo, essendo imperatore il nostro signore Eraclio perpetuo Augusto, nell’anno ventinovesimo, indizione tredicesima, è stata fatta la chiesa di Santa Maria Madre di Dio, per ordine del nostro pio e devoto signore Isacco eccellentissimo esarca e patrizio, e, a Dio piacendo, è stata dedicata in favore dei suoi meriti e del suo esercito. Questa è stata fabbricata sin dalle fondamenta grazie al benemerito Maurizio, glorioso magister militum della provincia di Venezia, residente in questo suo luogo, con la consacrazione del santo e reverendissimo Mauro felicemente vescovo di questa chiesa. »
L’epigrafe dimostra una totale subordinazione all’Impero di Bisanzio che in quel periodo governava quelle terre, sancendo, di fatto, la fine della presunta indipendenza della città di Venezia già nel V secolo. Man mano però che l’Impero a Oriente era invaso da una nuova popolazione che portava una nuova religione in suo seno, il controllo sulla laguna veniva meno. Gran parte del potere amministrativo e politico erano in mano all’Esarco, una sorta di viceré bizantino con sede a Ravenna. Questo capo era cambiato con regolarità ed era scelto tra le diverse etnie che componevano l’Impero con un’unica eccezione: non doveva essere nato nelle stesse terre che avrebbe dovuto amministrare. Una sorta di scelta etica molto apprezzata ai giorni nostri ma forse un po’ meno in quegli anni. Molte volte l’Esarco era visto, infatti, come un vero e proprio straniero che governava una terra che non conosceva. Diverse furono le lotte che nacquero proprio tra Bizantini e Italici, gran parte delle volte i problemi religiosi facevano scattare le rivolte, altre volte erano invece motivi politici, ma nella gran parte dei casi essi erano legati al soldo e al denaro che quasi mai arrivava da Costantinopoli.
Fu però uno scontro religioso che cambiò la situazione a Venezia. In Oriente iniziò un lungo dibattito chiamato iconoclasmo che portò alla rimozione delle immagini sacre in tutte le chiese. Questo, almeno secondo le teorie più classiche, portò alla proclamazione d’indipendenza della Venezia et Histria con l’elezione del primo Doge (Dux-Duca), chiamato Orso (Ursus) nell’anno 727. Da Costantinopoli però non arrivò alcun soldato per sopprimere la rivolta e l’Esarco di Ravenna era troppo debole per intervenire. Così Leone III, al tempo Imperatore di Bisanzio, decise di riconoscere il nuovo Duca e di insignirlo della prestigiosa carica di Hypatos (ossia console). Il ducato venetico si riappacificò con Bisanzio. Nel 732 i Longobardi occuparono Ravenna e i Veneziani aiutarono i Bizantini a liberarla e fornì loro anche delle navi per la riconquista della città. Nel 751 Ravenna cadde in mano definitivamente ai Longobardi e Venezia rimase gestita da un Dux. Tra il 774 e il 775 fu creata una sede episcopale a Olivolo (l’odierno Sestiere di Castello) nel gruppo delle isole di Rialto e il primo vescovo di quella chiesa, Cristoforo, era sicuramente un bizantino.
Nella seconda metà del VII secolo i Veneziani conservavano ancora un forte senso di lealtà verso Costantinopoli soprattutto sotto i Galbai. Maurizio Galbai venne per questo motivo insignito del titolo bizantino di Hypatos e Stratelates e seguendo la tradizione dei cugini orientali riuscì a cooptare suo figlio alla guida della città. Fu uno dei pochi a riuscirvi.
La presenza bizantina non si limitava alla sfera politica ma coinvolgeva anche la sfera religiosa. Il primo protettore della città fu, infatti, San Teodoro, conosciuto oggi come San Todaro, che svolse il suo ruolo fino all’arrivo delle spoglie mortali di San Marco. San Teodoro era un santo giunto in laguna grazie ad una regalia fatta da Narsete durante il periodo in cui era in Italia. Forse per ringraziare i Venetici per averlo aiutato a superare indenne le lagune. Non ci sono prove storiche e anche in questo caso la storia divenne leggenda e la leggenda divenne mito per parafrasare Tolkien. Dopo che San Marco divenne protettore di Venezia, attorno al XIII secolo, il culto di San Teodoro venne scemando, anche se l’antico santo non fu mai dimenticato: fu istituita una Scuola Grande a lui dedicata nel 1258 e fu eretta una sua statua in una delle due colonne che troneggiano ancora oggi in piazza San Marco.
Concludendo, almeno fino all’VIII secolo, il ducato venetico era ancora saldamente in mano ai Bizantini che lo controllavano politicamente ma specialmente culturalmente. La presenza di un Santo così tipicamente orientale come San Teodoro, la moda usata al tempo di farsi crescere la barba all’orientale e la suddivisione amministrativa, dimostrava ancora quanto fosse importante il legame con Costantinopoli e con i suoi costumi. Allo stesso tempo si iniziava quella lenta separazione tra Venezia marittima, ossia isole e quelle poche roccaforti sul territorio, e l’altra Venezia, quella di “terraferma”. Venezia marittima divenne un’enclave bizantina, quella al di la della laguna divenne territorio longobardo e poi franco, sancendo una frattura culturale importantissima.
Venezia divenne così una vera e propria cerniera tra Oriente e Occidente e così vi rimase fino alla conquista dello “stato da tera” (ossia i domini della terraferma).