MamboIl successo di Renzi? Lo dobbiamo agli insuccessi della vecchia generazione di sinistra

La campagna per le primarie, se si faranno, è ancora molto lunga ma Renzi sembra aver preso la guida della corsa. Si susseguono le manifestazioni in cui viene accolto da centinaia, e talvolta migli...

La campagna per le primarie, se si faranno, è ancora molto lunga ma Renzi sembra aver preso la guida della corsa. Si susseguono le manifestazioni in cui viene accolto da centinaia, e talvolta migliaia, di persone. Capita sempre più spesso di ascoltare gente che dice che lo voterà turandosi il naso. Per un ex democristiano come lui è il ritorno all’antico. Il fatto è che la campagna di Renzi più che segnalare il successo dell’immagine dello sfidante indica la stanchezza di tanti elettori verso l’attuale establishment della sinistra. Qualcosa di profondo si è rotto. Si chiama la fiducia nel futuro.

Nel suo articolo di oggi sul Manifesto, Emanuele Macaluso analizza questa perdita di fiducia, che lo porta verso uno stato d’animo profondamente pessimista, con l’avvenuta distruzione dei piloni fondamentali su cui si reggeva la sinistra. La forza di Renzi sta proprio nel fatto che chi lo critica da sinistra, o in nome della sinistra, ha dato un solido contributo a demolirla e quindi non può accusare il sindaco di Firenze che vuole semplicemente completare l’opera. Qui c’è la responsabilità oggettiva e collettiva della vecchia generazione ancora in cima al vertice della piramide. Siamo andati talmente al di là del guado nel fare a pezzi un solido bagaglio repubblicano, che è potuto accadere quel che si è visto nella regione Lazio e probabilmente in molte altre regioni, cioè l’affermarsi di un sistema di sprechi e di privilegi senza alcun contrasto da parte della sinistra.

Lo scandalo laziale ha questo di clamoroso e di definitivo: toglie dal dibattito pubblico il tema, caro alla sinistra, “ del “non siamo tutti uguali”, perché invece qui e forse altrove sono stati tutti uguali nel dividersi finanziamenti che sarebbero dovuti andare ad altre finalità sociali. Il Pd avrebbe dovuto in questi giorni non solo assumere la decisione di non ricandidare i suoi consiglieri uscenti per evidenti ragioni di “culpa in vigilando” ma avrebbe dovuto azzerare l’intera sua classe dirigente del Lazio e mettere sotto accusa quei suoi leader nazionali che nel Lazio esercitano la loro attività politica e che nulla hanno visto, sentito, percepito. Penso a Fioroni.

Qui non ci si rende conto che la situazione dell’opinione pubblica è ormai fuori controllo. Molti esponenti della politica non ascoltano quello che si dice nei bar, nei mercati, nei bus. Mai si era sentito tanto disprezzo, mai tanta rabbia era apparsa di così difficile gestione. È  questo che rende e renderà attraenti tutte le proposte che appariranno di discontinuità. Oggi chiunque si presenti come alfiere dell’accantonamento dell’attuale classe dirigente trova ascoltatori e interlocutori. È un vero peccato che chi è sottoposto a questo vaglio severo non trovi le parole e i gesti forti per reagire. Si fa sentire sempre più forte la suggestione di un Big Bang che dovrebbe far ripartire la politica. È per questo che in tanti stanno decidendo di votare Renzi abbandonando l’onesto Bersani. Quest’ultimo ha il duplice grave handicap di essere difeso dai rottamandi e di avere come sostenitori improbabili figure di nuovi leader. Il caso della vice-sindaco di Vicenza, Alessandra Moretti, che partecipa al suo staff e che nella Rete viene descritta come appena uscita da uno schieramento centrista che appoggiava un candidato di destra, la dice lunga su come sia velenoso lo scontro interno al Pd ma anche di come sia approssimativa la selezione dei volti nuovi.   

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