Accadono nel Pd cose che in altri partiti, di qualunque parte del mondo, sarebbero impensabili. La principale di questa è che tutti hanno ragione. Ogni contendente ha dalla sua un argomento che da solo basterebbe ad annullare quelli contrari. Ha ragione il segretario a chiedere l’investitura per la premiership e avrebbe ragione a ottenerla senza le primarie. Ha ragione sempre lo stesso segretario a convocarle per quieto vivere e a farle svolgere secondo regole che impediscano l’aiutino esterno.
Ha ragione il suo principale competitor, Renzi, a candidarsi prima che le primarie siano convocate e persino nell’incertezza che si facciano. Ha ragione lo stesso Renzi a chiedere che le regole siano sempre le stesse di sempre, cioè primarie a “come la va la va”.
Ha ragione Vendola a candidarsi, e con lui Tabacci. Hanno ragione in tanti a scandalizzarsi che alle primarie di un partito si presentino estranei. Hanno ragione Fioroni e i suoi trenta parlamentari a chiedere che alle primarie partecipino candidati che hanno avuto lo stesso atteggiamento del Pd nel sostegno al governo Monti.
Hanno ragione i vendoliani e i loro supporter a sostenere che le primarie o sono di tutti e rappresentative di tutte le posizioni o non sono. Hanno ragione quelli che già oggi pensano a quale accordo debbano fare Bersani e Renzi in un nuovo più squallido Midas che serva a mandare in pensione D’Alema, Veltroni e Bindi.
Hanno ragione quelli che si lamentano che le primarie non si possano svolgere con accordicchi sottobanco. Hanno ragione i succitati elefanti a chiedere di restare dove sono fino a che hanno consenso di partito. Hanno ragione i loro critici, a chiedere che mostrino la sensibilità di capire quando è il momento di ritirarsi. Hanno ragione i liberal, hanno ragione i socialdemocratici, hanno ragione i cattolici, hanno ragione i gay. Hanno ragione tutti. La domanda finale è semplice: ma come è possibile che abbiano ragione tutti? Ovvero se hanno ragione tutti, questo è un partito?
Se la risposta sarà sì, penso che il Pd sarà studiato nelle università di tutto il mondo come l’unica formazione politica di poco più del 25-30% dei voti che si comporta come un universo conchiuso. Se la risposta è no, bisogna cercare le cause di questa “mostruosità”. La causa è che in un partito ci deve essere democrazia e pluralismo, anche posizioni largamente differenti, ma non ci può essere la torre di Babele. Nel mondo ci sono partiti diversamente strutturati e con diverse ragioni sociali e sistemi valoriali. Tutti democratici. In tutti c’è scontro, combattimento e accordo. Ma in nessuno c’è questo casino.
È questa confusione che spiega la singolarità di primarie che sorprendono tutti per l’affollarsi di popolo nei gazebo e che poi sfociano in risultati elettorali, le cosiddette secondarie, spesso così deludenti. Sono un momento di partecipazione ma non di formazione di una volontà politica.
Soprattutto è questa confusione che spiega come mai questo accrocco di candidati e di elettori non dà vita a un blocco elettorale in grado di sostenere un governo dandogli gambe e polmoni. Perché i partiti sono un blocco elettorale che si può allargare, e nel caso di scofittta restringere, ma rappresentano la volontà politica di settori di popolazione. Qui è la loro forza e la forza che conferiscono al governo.
Se è così sono meglio i partiti che si vedono in giro per il mondo, democratici tout court o socialdemocratici, che inseguono tutte le opinioni ma alla fine ne scelgono solo alcune e su queste costruiscono le proprie fortune e ,se ci riescono, le fortune del proprio paese. Qui invece tutti si candidano, tutti allegramente votano e poi ognuno fa come gli pare sia fra i candidati sia fra gli elettori. Negli Usa, in Francia, in Gran Bretagna, in Germania non potrebbe accadere. Deve essere la famosa anomalia italiana.