Il vaso di Pandora delle regioni scoperchiato dai rimborsi spese nel Lazio impone una riflessione breve sull’architettura istituzionale italiana. Così come uscita dalla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, l’impalcatura non sta in piedi. Purtroppo ce ne accorgiamo solo a dodici anni di distanza. Le regioni sono diventate dei centri di spesa dei fondi pubblici statali. Avendo limitata capacità impositiva (addizionale irpef, ticket sanitari e poco altro), le regioni di fatto non rispondono direttamente ai cittadini dell’utilizzo delle ingenti risorse pubbliche a loro trasferite dallo stato.
Il discutibile quando non pessimo utilizzo delle risorse pubbliche che viene fatto in alcune regioni alimenta le argomentazioni di quanti vorrebbero sbarazzarsi in fretta e furia di quelle forme di decentramento faticosamente conquistate negli ultimi venti anni. Restiamo convinti che la gestione dei servizi debba essere il più possibile vicina ai cittadini che ne usufruiscono e che riportare a Roma un unico centro di spesa sarebbe ancora più nefasto rispetto alla situazione attuale. Alimenterebbe solo il partito della spesa pubblica improduttiva senza alcun vantaggio concreto ai fruitori dei servizi, cioè a tutti noi.
Se non vogliamo ritornare a un centralismo vecchio stampo, di cui si sentono purtroppo gli echi, la parola chiave è una sola: responsabilità. Responsabilità che deve esprimersi a tutti i livelli della “filiera fiscale”. Ci vuole responsabilità da parte di chi paga le tasse, ma anche da parte di chi le preleva, da parte di chi le impone, ma soprattutto da parte di chi le utilizza.
Prima ancora di arrovellarci su come ridurre i costi e le spese degli enti decentrati, dovremmo ripensare seriamente al modello fin qui adottato. E’ abbastanza ingenuo credere che un ente privo di reponsabilità non sia soggetto a storture di qualche genere, specie se dispone di qualche miliardo di euro l’anno che non raccoglie direttamente dai suoi cittadini, ma che gli viene in dotazione dalle casse statali.
Per la maturazione del regionalismo italiano, sarebbe preferibile oggi attribuire gran parte della capacità impositiva fiscale alle regioni e stabilire le quote che queste devono trasferire allo stato centrale per i servizi di carattere nazionale.
Signor Rossi