Cittadini, non sudditiSulla lotta alla corruzione bisogna andare avanti tutta

Il ministro della Giustizia, Paola Severino, sta meritoriamente tenendo al centro della propria comunicazione istituzionale il tema dell’urgenza dell’approvazione del disegno di legge anticorruzion...

Il ministro della Giustizia, Paola Severino, sta meritoriamente tenendo al centro della propria comunicazione istituzionale il tema dell’urgenza dell’approvazione del disegno di legge anticorruzione. A Cernobbio, nei giorni scorsi, ha messo in campo anche alcune cifre, per rafforzare il senso di questa priorità.

Ha ricordato anzitutto come, secondo le stime della Banca Mondiale, la crescita del reddito potrebbe essere superiore dal 2 al 4 per cento con una efficace lotta alla corruzione. È da tempo che sottolineiamo come lotta all’evasione fiscale del settore privato e lotta alla corruzione del settore pubblico siano due facce di una medesima medaglia e che, in quanto tali, devono essere contrastate con pari determinazione ed efficacia.

Una posizione che trova ampio consenso nei cittadini, ma a tutt’oggi priva di rappresentanza politica. Da una parte, ci sono partiti, come il Pd e la sinistra, che non accettano questo tipo di equiparazione; non perché indisponibili a stringere le maglie intorno ai fenomeni corruttivi, ma perché impregnati sin nel midollo di logiche statalistiche secondo cui, a parità di furto, chi osa guadagnarsi da vivere, senza l’intermediazione sociale di un contratto di lavoro collettivo negoziato da un sindacato, è comunque reprobo assai più pericoloso di chi ha per lo meno il buon gusto di mettersi ordinatamente in fila e tanto meglio se all’interno dell’apparato pubblico.

Per questi partiti, qualsiasi riflessione, che mira a riequilibrare un’attenzione tra i due fenomeni che si è quasi sempre rivelata strabica, è un vergognoso esercizio di “benaltrismo” perpetrato da evasori fiscali e amici degli evasori: proprio non ci sentono.

Da altra parte, ci sono partiti, come il Pdl e la Lega Nord, che ben volentieri raccolgono e rilanciano le critiche ai fautori della “guerra santa all’evasione fiscale”, lanciata in un contesto Paese che, per il resto, dimostra una notevole quanto inaccettabile rilassatezza sul fronte del contrasto delle altre forme di illegalità economica contro il bene comune, quali, appunto, in primis, la corruzione.

Peccato che, a conti fatti, l’idea di questi partiti, sul riequilibrio del livello di determinazione nella lotta ai due grandi mali che stanno contribuendo in modo determinante ad affossare il Paese, sia evidentemente quello di operare un riequilibrio al ribasso: non approvare celermente norme e poteri di controllo veramente efficaci contro la corruzione, ma allentare la presa contro l’evasione fiscale (quella presa, per altro, che loro stessi, quando erano al governo, hanno stretto malamente, con molta forza e poca capacità di discernimento).

Alla fine, la domanda che non trova oggi risposta è: come si può seriamente pretendere di avere dei cittadini al tempo stesso svizzeri nel pagamento delle imposte allo Stato e afghani nel tollerare sprechi e corruzione della sua pubblica amministrazione e della sua classe politica? È semplicemente impossibile e chi non volesse capirlo si dimostrerebbe evidentemente inadatto a governare.

Al tempo stesso, però, chi crede che questi discorsi vengano fatti e piacciano perché si vuole ritornare a livello afghano pure sul fronte della lotta all’evasione, invece che diventare svizzeri sul fronte della lotta alla corruzione, è talmente scollegato dal Paese reale da essere già oggi un vero e proprio residuato bellico che non rappresenta altri che la sua stessa classe dirigente interna.

Tentando una sintesi, potremmo dire: niente passi indietro sulla lotta all’evasione, ma neppure ulteriori passi avanti fino a quando non se ne saranno fatti sulla lotta alla corruzione. E questi passi avanti, da fare subito, sono sicuramente l’approvazione del disegno di legge, ma poi pure di quello, giacente anch’esso al Senato, per l’istituzione di un’Agenzia delle uscite con poteri coercitivi speculari a quelli dell’Agenzia delle entrate.

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