Uno si impegna, ce la mette tutta a non parlare male del Pd, a provare a non cadere nella banalità della critica al principale partito del centrosinistra. Ma alla fine deve cedere, sopraffatto dalla cronaca, dal susseguirsi degli eventi.
E un osservatore più o meno distaccato non può fare a meno di chiedersi che cosa stia accadendo. Perché, a guardarla da fuori, questa benedetta vicenda delle primarie somiglia sempre di più, ineluttabilmente, all’ennesimo psicodramma.
Succede che contro Bersani scenda in campo Matteo Renzi e pare che venga giù tutto. Il partito è in fibrillazione, sui quotidiani cominciano a comparire regolamenti per le primarie che sembrano somigliare più ai questionari da compilare prima di entrare negli Stati Uniti che a un più comprensibile “visto si voti” da rilasciare a un elettore.
E quando, invece, come accaduto oggi, alle primarie del centrosinistra si candida Nichi Vendola sembra che non accada nulla, appare come la cosa più normale del mondo.
E allora mi chiedo: ma se le primarie le dovesse vincere Vendola, che ne sarebbe del Pd? Se ne starebbero tutti zitti e buoni nella coalizione guidata dal presidente della Regione Puglia?
Ancora una volta sembra che la logica non abiti dalle parti dei signori del Pd. Siamo appena a martedì e fino a sabato – giorno in cui i delegati del Pd (si badi bene, solo del Pd) voteranno il regolamento da adottare per partecipare alle primarie – temiamo che ne vedremo tante. Troppe. Assisteremo al solito balletto di dichiarazioni, veti incrociati che – temiamo – ridicolizzeranno il partito che attualmente appare il gran favorito per la vittoria delle prossime elezioni politiche.
Sarebbe stato auspicabile stabilire le regole del gioco prima che iniziasse la competizione. Visto che non è più possibile, non resta che appellarsi al buon senso dei dirigenti. Che si eviti il senso del ridicolo.