Filo sofà, chiacchiere da divanoCosa intendo quando parlo di donne

Detta così la questione sembrerebbe interminabile ma ridotta al mio punto di oggi si semplifica enormemente: le donne sono l’altra metà del mondo. Mi è capitato più di qualche volta di sentire am...

Detta così la questione sembrerebbe interminabile ma ridotta al mio punto di oggi si semplifica enormemente: le donne sono l’altra metà del mondo.
Mi è capitato più di qualche volta di sentire amiche lamentarsi per la rappresentazione delle nuove donne sui giornali. E non sto parlando solo delle abusate critiche allo sfruttamento del corpo delle donne ma anche di tutto il resto. L’obiezione che spesso sento fare è che sì, si è capito che le donne e gli uomini sono uguali e che bisogna smetterla con tutti questi convegni, dibattiti, articoli a sostegno.
Certo, quando incappo in dibattiti sulla creatività al femminile anch’io mi sento un animaletto appena scoperto, sfuggito per millenni a tutte le catalogazioni, di cui improvvisamente bisogna descrivere caratteristiche, capacità e possibilità di sopravvivenza. Neanche a me piace, però è proprio perché le cose stanno così che voglio che se ne continui parlare, e voglio pure che se ne continui a parlare in tanti modi, senza che chiunque lo faccia sia tentato ogni volta di usare un tono divertente, dissacrante o leggermente provocante, perche altrimenti l’argomento annoia.
Di questo nuovo personaggio, la donna, a quanto pare da poco comparso sulla scena della vita pubblica italiana, voglio si racconti, oltre che della sua sensibilità, anche del suo saper fare. La donna esiste da secoli e da sempre produce cultura, scienza, politica, finanza. Quello che voglio è ascoltare non chi sono le donne ma cosa pensano le donne. Io voglio dibatti in cui l’altra metà del mondo mi racconti il suo punto di vista, e che uomini e donne vadano ad ascoltare proprio perché si tratta di quello. Voglio che le italiane mi raccontino la loro versione della vita, voglio che le economiste mi raccontino lo loro idea di economia. Voglio che l’altra metà della popolazione italiana si renda conto che è arrivato il momento di uscire dalle cucine e fare. Voglio ascoltare non solo le storie di donne che si sanno liberare da mariti violenti, ma anche di quelle che fanno impresa, che depositano brevetti, che creano associazioni. Voglio che le donne pensino di poter fondare un’azienda, non perché ci siano i finanziamenti rosa ma perché quello che hanno deciso di realizzare è un pezzo mancante che nessuno ha immaginato come lo immaginano loro. Voglio che le donne mi preparino al futuro, non perché sono streghe ma perché ci sono in loro tutte le verità che non sono state ancora dette su tutti gli ambiti dell’umano sapere e sentire. Voglio che le donne facciano economia, società, leggi, film, impresa, educazione, filosofia, lavoro. Voglio che lo facciano perché hanno la responsabilità di quello che pensano e si prendono l’onere di dirlo a voce alta e di costruirci intorno un pezzo di mondo nuovo. E voglio che questo fare non sia più vincolato a spazi e opportunità da strappare all’altra metà del mondo, gli uomini, perché sarebbe come pretendere che durante una partita di calcio metà campo venisse lasciato alle donne per prendere il tè. Gli spazi che gli uomini hanno costruito (con l’aiuto e la complicità delle donne) sono a loro forma e misura e tali resteranno. Il punto oggi non è più rivendicare quegli spazi o far sloggiare gli uomini dai palazzi delle poltrone, il punto è creare nuovi palazzi e nuove poltrone. Il punto è fare finalmente l’altra metà del mondo.

http://filomenapucci.wordpress.com/

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