Tabula rasaCrisi Fiat, troppo facile puntare il dito contro Marchionne

"When a management with a reputation for brilliance tackles a business with a reputation for poor fundamental economics, it is the reputation of the business that remains intact," ha detto Warren B...

“When a management with a reputation for brilliance tackles a business with a reputation for poor fundamental economics, it is the reputation of the business that remains intact,” ha detto Warren Buffett. In parole povere, se un business non sta in piedi, poco giova avere un buon management. L’accoppiata Fiat/Marchionne non si sottrae alla regola.

Si può dibattere a lungo se Marchionne sia stato un buon o un cattivo manager. Lo snellimento dell’elefante torinese nei primi anni di gestione, la scissione auto/non-auto e l’acquisizione di Chrysler sono state scelte azzeccate. La propensione ad auto-venerarsi, le sparate ultra-ottimistiche ad uso e consumo dei mercati azionari, e l’aver a lungo trascurato il lancio di nuovi modelli sono note a sfavore.

Ma la situazione della Fiat riflette anche e soprattutto i profondi malanni del settore delle utilitarie in Europa – eccesso di capacità cronico, moltiplicazione di marche e modelli, domanda affossata dalla crisi e la malsana connivenza dei governi che privilegiano l’occupazione rispetto ai profitti. Non è un caso che la Peugeot sia con l’acqua alla gola – il suo ramo finanziario sopravviverà grazie a €7mld di garanzie statali – e Ford chiuda tre stabilimenti in Belgio e Inghilterra. Così come non sorprende che Volkswagen, il maggior produttore di auto al mondo, realizzi quasi la metà del margine operativo dal marchio premium Audi – più delle utilitarie VW, Seat e Skoda messe insieme.

È facile puntare il dito contro il manager che ha peccato di arroganza. È molto più difficile guardare la realtà in faccia e lasciare che l’azione del mercato produca i suoi naturali frutti. In Europa la Fiat utilizza solo il 45% della propria capacità produttiva; il costo del lavoro nello stabilimento polacco di Tychy è un terzo rispetto a quello italiano. Dubito che il rilancio di Alfa Romeo e Maserati nella fascia medio-alta e l’aumento dell’export permettano di colmare il buco.

Ha ragione chi dice che il governo alla Fiat ha già dato troppo. Ma è pura ipocrisia ritenere che il problema si possa risolvere senza un drastico ridimensionamento del settore in Italia – con inevitabili conseguenze su indotto e occupazione. Tenere in piedi un settore in cui non siamo più competitivi, probabilmente a spese del contribuente, non ha alcun senso.

(Twitter: @GianniLorenzato)