Fermi con le maniDestra e Sinistra: crisi d’identità

Nel 1994 (l'anno 0 per la politica italiana) Giorgio Gaber cantò per la prima volta "Destra - Sinistra", primo segnale che per qualcuno, non certo per il saggio cantautore milanese, l'ideologia sta...

Nel 1994 (l’anno 0 per la politica italiana) Giorgio Gaber cantò per la prima volta “Destra – Sinistra”, primo segnale che per qualcuno, non certo per il saggio cantautore milanese, l’ideologia stava per svanire. Qualche anno più tardi fu Gianfranco Fini che, per smarcarsi del tutto da Storace e compagn…ops..camerati, disse che l’Italia era ormai entrata in una fase post ideologica. Poi, berlusconismo e antiberlusconismo a parte, di destra e sinistra non c’è stata più traccia per molto tempo, ma ora, con la crisi, con il governo dei professori e con le elezioni politiche del prossimo anno questi due concetti potrebbero tornare nuovamente in voga, eppure c’è qualcuno che tenta di mischiare le carte.

Partiamo da sinistra; il Pd è, nel bene o nel male, una certezza: al momento è il primo partito italiano e rappresenta ideologicamente una grande fetta del Paese; ha sì un’ estrazione socialista, ma è moderato e riformista. Probabilmente, è l’unico partito italiano più simile a quelli di altri Stati, europei e in una ipotetica coalizione di centro-sinistra, sarebbe il partito più rappresentato nel Parlamento e al Governo, in caso di vittoria. Per fare in modo che la denominazione centro-sinistra non resti priva di significato però, nella coalizione ipotetica dovrebbero partecipare altri partiti più a sinistra del pilastro moderato Pd, nella fattispecie Sel di Vendola ed, eventualmente, l’Idv di Di Pietro. Ora, capisco che forse “destra e sinistra” siano concetti desueti e non voglio assolutamente il ritorno di comunisti e fascisti, ma mi piacerebbe che almeno ci fosse una distizione tra riformisti e conservatori, o tra liberali e democratici: insomma, una qualche linea guida per capire chi cavolo sto votando e perchè e che idee ho scelto di abbracciare. Una coalzione di centro-sinistra quindi, dovrebbe appartenere alla categoria dei riformisti, dei democratici, di quelli favorevoli a una riforma della legge 40, ai Pacs, al testamento biologico, a delle politiche di spesa pubblica, alla predominanza dell’istruzione e della sanità pubblica. Eppure Fioroni continua a dire che una coalizione con Vendola non è immaginabile e che è necessario aprire il tavolo del confronto con Casini e l’Udc, ma il buon Casini, cosa potrà mai dire di sinistra? Va bene è di Bologna, città rossa da secoli, ma a parte questo nulla più, come può un ex ministro continuare a dire che il centro-sinistra deve essere quella coalizione guidata dal Pd e appoggiata dall’Udc? L’unica soluzione è che forse Fioroni è più nostalgico di me, e spera in un ritorno di una grande Dc al governo, con i partiti più a sinistra all’opposizione; ma questo si che è passato (spero).

A destra, per par condicio, le cose non sono più chiare; senza Berlusconi il centro-destra è da creare nuovamente ed anche l’ interessante campagna “Formattiamo il Pdl” potrebbe non bastare: è necessaria infatti l’istituzione di un nuovo partito, lontano dalla figura di Berlusconi e dall’esperienza disastrosa del passato governo. Mancherebbe quindi, ad oggi, quel partito maggioritario che guidi la coalizione, ed è questa una forte deficienza, il Paese ha bisogno infatti di un moderno centro destra, liberale, conservatore e moderato. Chi proprio per questo nel partito di maggioranza entrerebbe a pieno titolo invece il già citato Udc di Casini, guarda caso primo sostenitore delle politiche liberiste del governo Monti. Casini però tentenna e non sceglie con chi schierarsi, ricordando molto quelli che Dante definì come coloro “che mai non fur vivi“. Pur di non fare il passo decisivo, Casini ha preferito creare un terzo polo, zona questa che permette al suo partito di ascoltare le offerte di entrambe le coalizioni, e di scegliere (ma a questo punto il termine esatto sarebbe vendersi) al miglior offerente.

A conti fatti quindi, le ideologie non se ne sono andate: certo sono cambiate, sono giustamente maturate con il passar del tempo, ma sono sempre lì, pronte ad essere utilizzate. Sono i politici che invece non le usano, e giustificano così strani cambi di casacca o larghe coalizioni. Ripeto, non voglio un ritorno del vecchio PCI o dell’MSI, semplicemente credo che ci sia tanta confusione e che certe categorie siano ancora utili tutt’oggi: a noi, per scegliere chi votare, a loro (i politici) per capire quali alleanze effettivamente possono essere fatte e quali no.

Da parte di un moderato liberale

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