Saper da chi ha preso voti il Movimento 5 Stelle (M5S) è un indizio interessante per capire che tipo di malesseri girano nell’opinione pubblica, forse provare a dotarsi di una proposta politica operativa capace di attrarre e dunque di “arginare” la “valanga Grillo”.
Consideriamo un dato: si confronti il linguaggio del 1991-1992 con quello corrente e in particolare il linguaggio di chi paventava la rivoluzione dei padani con quello che si è messo in campo a proposito dei “grillini” e si vedrò che le differenze sono marginali, comunque secondarie. Vuol dire che ci troviamo di fronte allo stesso tipo di fenomeno? Si e no. In ogni caso sul piano della provenienza del voto in uscita probabilmente vale lo stesso tipo di considerazione: una parte rilevante, non so se preponderante, di quel consenso viene da sinistra, una sinistra diversa da quella che allora fu capace di catturare la Lega ma non così lontana da quella. E’ una sinistra a forte componente comunitarista, antiamericana.
Ma poi ha altri aspetti , invece, che la fanno essere molto lontana da quella: è terzomondista, appartiene a quella figura del militante umanitario e del cooperante come nuova forma dell’internazionalismo politico su cui anni fa ha richiamato l’attenzione Marco Revelli nel suo Oltre il Novecento (Einaudi, 2001).
Ma in comune con la il linguaggio della Lega ha la visione complottista e controfattuale della storia,e al fondo, un anticapitalismo con forti venature di antisemitismo ( e anche un antisemitismo con forti venature anticapitalistiche). In breve avrebbe detto il buon August Bebel, una cultura che rinvia al “socialismo degli imbecilli”.
Le differenze strutturali, invece,cominciano a mio avviso se si guardano altre categorie. Si considerino gli anziani. Se allora una parte non indifferente, comunque significativa proveniva dal mondo del sindacato che non si sentiva né tutelato, né protetto; proveniva dalla fascia degli anziani e dei pensionati (un settore che è oggi la categoria CGIL più numerosa, e che può far dire che la discesa in piazza della CGIL non è per la difesa del lavoro, ma per la difesa dei suoi iscritti) e dunque cercava nella Lega una sorta di welfare di comunità, un dato su cui più voler ha richiamato l’attenzione in questi venti anni Aldo Bonomi, ovvero cercava un legame di solidarietà locale contro tutto ciò che era esterno. E’ probabile che quello che giunge a Grillo sia la parte di un voto generazionale (ma in prospettiva quel voto è in concorrenza con, o può subire la concorrenza da Fermare il declino di Oscar Giannino) che ormai considera il ceto politico in carica espressione di una società che “respinge”,tutta volta a proteggersi, ma a non consentire l’accesso. Comunque rappresentante di un’Italia della “Terza Età”, numerosa, ma senza futuro.
Il problema sta qui, prima di tutto (perché il “socialismo degli imbecilli” è difficile da eliminare e comunque fa parte del setting di subcultura politica che ha circolazione nelle varie anime della sinistra europea e italiana almeno dagli anni ’80 dell’Ottocento). Nel proporre delle politiche che ripensino il presente del lavoro e che invertano delle priorità. Ma su questo piano non mi sembra di intravedere eccessive novità in ciò che propone M5S. La domanda è : quali sono le proposte M5S per la riforma radicale del Welfare italiano? Come non si fanno fuggire capitali o si proteggono redditi ; quali le politiche verso ciò che è rimasto del mondo del risparmio? Come si pensa o si ripensa una legge sul lavoro?
Non sono domande poetiche. Del resto il tempo della poesia è finito e morto da tempo. Vale per tutti, e da domenica, vale anche per M5S. A dir la verità non solo per lui. Un altro che ha finito il tempo della poesia e deve misurarsi coin la prosa ( e soprattutto ha finoira evitato di farlo) è Antonio Di Pietro e il suo Italia dei valori. In quel caso, ci sarebbe da dire, non è più così chiaro di quali valori stianmo parlando (Ah! l’ambiguità delle parole o la polisemia dei significati!) ma quella è un’altra storia. O no?