Ricostruire una città dopo un terremoto devastante è spaventoso, un percorso difficile e lungo. Lo sanno bene gli aquilani che ogni giorno, a distanza di oltre tre anni, si trovano a dover vivere in una città fantasma, sagoma di quello che era.
Ancora più complicato è tentare di ricostruire l’identità della gente, il senso di appartenenza perduto, dopo che un mostro sotterraneo e infido uccide persone, spazza case e strade, distrugge interi secoli di storia e di vita vissuta.
Ma a L’Aquila la voglia di ripartire è grande, così come la volontà e la tenacia di alcuni cittadini che, nei giorni subito dopo il sisma, si sono uniti nella grande famiglia di “Jemo ‘Nnanzi“, un gruppo di azione civica che dall’amicizia decennale dei suoi “padri fondatori” si è allargato fino a diventare motore di identità culturale e sociale per collettività aquilana.
“Eravamo in pochi amici all’inizio – spiega Cesare Ianni, uno dei membri fondatori – uniti da un affetto decennale. Il nostro sentimento di aquilanità è precedente al sisma, così come il nostro attaccamento alla città. Il gruppo nasce da un’idea e dalla sollecitazione del giornalista Angelo De Nicola che dalla costa abruzzese, nei giorni di ridosso al 6 aprile, teneva una sorta di diario del terremotato sul quotidiano il Messaggero”.
“Ogni giorno – prosegue Ianni – con degli sms raccontavo ad Angelo come andavano le cose in città. I testi dei messaggi finivano tutti con la stessa frase: Jemo ‘Nnanzi! Da qui il nome del gruppo e, in seguito, l’idea del logo con l’aquila”.
“L’aquilanità – continua – era un sentimento un po’ più difficile da condividere prima del terremoto, in una città integra, dove la gente era presa dalle proprie cose e dalle frenesie di una vita normale. Il sisma, poi, è stato un acceleratore di emozioni per tutti noi. In negativo o in positivo che sia, ha innescato dei meccanismi interiori fortissimi che hanno amplificato sentimenti ed emozioni. C’è chi si è sentito inferocito e defraudato, chi invece è riuscito a trarre il meglio anche da un’esperienza così drammatica”.
“In queste circostanze – spiega ancora Ianni- il sentimento di aquilanità unisce tutti e rinsalda valori solo sopiti, che poi tornano fuori amplificati. Jemo ‘Nnanzi, scritto alla fine di ogni sms, stava a significare che non ci saremmo fermati e che ci saremmo battuti per riavere ciò che ci era stato tolto”.
Il gruppo, che oggi conta oltre 50 persone e oltre 200 followers su Facebook, si impegna in iniziative per la collettività, volte a creare un collante che rinsaldi l’identità persa.
Tra le attività del gruppo, ultima in ordine cronologico, quella del restauro della Madonna del Rosario di Santa Maria Paganica, portata in processione nell’omonimo Quarto, lo scorso 7 ottobre.
“Il dramma che rischiamo di avere e che vogliamo evitare è che si disperda la collettività, dopo la città. Le persone si aggregano spontaneamente quando organizziamo queste iniziative ed è questo il bello: creare l’unione. Oltre alla Madonna del Rosario – prosegue – abbiamo recuperato la Madonna del Popolo aquilano e di Cristo Re e abbiamo donato alla città una copia fedele della targa che ricorda il cinquecentenario della vittoria degli aquilani su Braccio Da Montone. Inoltre, ci siamo impegnati nella ripulitura della fontana di Santa Maria Paganica, prima fontana del centro storico che è tornata a zampillare dopo tre anni. E’ stata una grande emozione per tutti vedere quell’acqua, simbolo di vita”.
Come non ricordare, poi, il tricolore di 25 metri sulla torre civica di Piazza Palazzo che ha fatto il giro di giornali e televisioni locali e nazionali, simbolo di unione, di volontà e forza del popolo aquilano.
“E’ stato un momento importante – spiega Ianni- che ha sancito il ricordo del 150esimo anniversario dell’unità d’Italia ed è diventato emblema di coesione e unità. Sono piccole cose, queste, che messe insieme fanno grande la nostra città e ci aiutano ad andare avanti”.
Spettacolare e maestoso, poi, il tricolore di 99 metri, realizzato da Jemo ‘Nnanzi e dagli alpini che nel dicembre del 2011 ha attraversato la città aquilana fino alla Basilica di Collemaggio: “Quello è stato davvero un giorno memorabile – commenta ancora Ianni – di forte unità cittadina, realizzato per promuovere L’Aquila come sede dell’adunata nazionale degli alpini”. Il capoluogo abruzzese, come si sa, ha perso per un soffio quest’occasione, data di recente alla città di Pordenone:
“Abbiamo perso un’opportunità, è vero, ma a noi è rimasto un bellissimo esempio di coesione in vista di un obiettivo, al di là del suo mancato raggiungimento – conclude Ianni- l’intera comunità, comprese tutte le istituzioni locali e regionali si sono unite per cercare di ottenere la candidatura. E’ stato importante concorrere, perché questo ci ha uniti tutti in un afflato di popolo. Abbiamo avuto tanto da questa iniziativa, riproveremo la prossima volta”.
di Marianna Galeota