Venerdì scorso ascoltavo Matteo Salvini durante un suo intervento al programma “L’ultima parola” e qualcosa delle sue affermazioni mi ha fatto storcere il naso. Vabè facile direte voi, come può un doppio terrone come me essere d’accordo con le dichiarazioni di uno dei leghisti più convinti e battaglieri? In realtà però, l’analisi di Salvini non si basava (stranamente) sulle solite pretese indipendentistiche o fiscal/federalistiche della Padania, ma era una vera e proprio arringa difensiva della casta politica. Anche a seguito dello scandalo della Regione Lazio, concludeva il “togato verde” Salvini, il popolo italiano non può ritenere che l’intera classe politica italiana sia ladra, corrotta, inaffidabile; ci sono purtroppo alcune mele marce che vanno eliminate ma il resto è fatto di gente perbene. E come Salvini, tanti altri colleghi hanno, nel corso di dibattiti e trasmissioni, affrontato il problema allo stesso modo.
C’è chi invece concorda con Matteo Renzi e crede che il malaffare diffuso ci sia, e che per eliminarlo sia necessario un ricambio generazionale all’interno della classe dirigente. Questa visione aumenta notevolmente (e più realisticamente a mio avviso)il numero delle “pecore nere“, ma lega la loro identità ad un dato prettamente anagrafico. Certo, basta vedere le smorfie e i bollori di D’Alema e la Bindi alle dichiarazioni di Renzi per simpatizzare con il sindaco di Firenze ma forse non è neanche questa la teoria vincente. Entrambe peccano nello stesso difetto: non scindono la responsabilità del politico dalle cause che hanno portato lo stesso a delinquere. Uno ruba perchè ladro, eh no, facile così! Secondo me c’è una spiegazione ulteriore, basata sull’analisi di fattori esogeni.
Mi permetto quindi di avanzare una nuova ipotesti, e cioè che l’illegalità o la mala gestione è diffusa in TUTTA la classe politica, nessuno escluso. Populismo? No, vi spiego perché.
Attualmente, partiti e singoli politici hanno un controllo diffuso e generalizzato su settori della cosa pubblica che non dovrebbero essere di loro esplicita competenza. Dalle nomine in Rai a quelle nelle ASL, la politica continua a gestire un numero esorbitante di posti di lavoro, a livello dirigenziale (grazie alla truffa legale dello spoil system) ma non solo. Un controllo questo, che ha un peso specifico enorme già in campagna elettorale, quando il candidato può promettere ad amici e futuri elettori “ringraziamenti” particolari. Logicamente sono le elezioni amministrative, quelle in cui la figura del singolo candidato è fondamentale, a sfruttare a pieno questo potere (pensiamo alle assunzioni di Alemanno a Roma o alle beghe sanitarie di Vendola in Puglia). Uno degli effetti più deleteri di questo fenomeno, è la mancanza in Italia di una classe tecnocratica affidabile, efficiente e libera, che sicuramente garantirebbe maggior continuità e risparmi economici.
Altra causa è ravvisabile nell’esagerata quantità di denaro controllata dalla classe politica. Quello che doveva essere un modo per evitare di creare corruzione si è rivelato nel suo esatto opposto: fatture false, rimborsi gonfiati, spese private finanziate con soldi pubblici, il tutto con un controllo minimo e talvolta superficiale. Anche per questo tagliare superpensioni, stipendi, rimborsi, non è solo un modo per risparmiare sulla spesa pubblica, ma è un salvagente per far sì che questa deriva immorale continui.
Infine, la stabilità, l’Italia ha sempre pagato la mancanza di stabilità dei governi. La Costituente dopo l’esperienza fascista scelse di non creare un governo particolarmente forte per evitare nuove dittature, con il risultato che abbiamo avuto solo governi brevi, incapaci di atturare progetti e riforme profonde che richiedono invece una cerca continuità politica. Solo in Italia in più, partiti con percentuali ridicole sono state in grado di far cadere governi (pensiamo all’Udeur di Mastella), e il fenomeno del trasformismo ha alimentato un gioco do ut des (Scillipoti docet) che ancora oggi fomenta corruzione ed illegalità.
A conclusione di tutto ciò, non può esservi politico che si salva perchè il vero problema non sono (solamente) la Polverini o Formigoni, il vero problema è l’organizzazione generale che incentiva il malaffare, il sistema va cambiato e non solo le persone. C’è una necessità di riforme costituzionali che garantiscano un assetto dello Stato più lineare, snello, omogeneo e trasparente, che espella i partiti dalle aziende statali ma che in cambio dia alla classe politica la possibilità di governare interamente per la durata del mandato, c’è bisogno insomma che la casta torni veramente ad occuparsi di politica, e no di intrallazzi.
C’è un problema però: chi attuerà questa “rivoluzione“? La classe politica di oggi, quella di domani? O saranno necessari movimenti popolari affinchè qualcosa si muova? Io mi auguro che la prima sia la risposta giusta, ma tempo e pazienza scarseggiano, e non mi meraviglierei se per i prossimi mesi si continuerà a parlare solamente (ed inutilmente) di una vana riforma elettorale.