Quando trionfò Mani Pulite non si trovava un dissidente tranne quelli che finivano in galera. Negli anni successivi molti, soprattutto fra quelli che venivano coinvolti nelle nuove inchieste ma non solo loro, scoprirono il garantismo e iniziarono la trafila autocritica, noioso rito italiano, della revisione post giustizialista. Oggi tutti sono per la rottamazione, elogiano Veltroni, aborrono D’Alema e Bindi. Fra qualche anno leggeremo parole autocritiche su questa deriva giovanilista anche di chi è ora in prima linea nel chiedere che tanti seguano l’esempio dell’ex sindaco di Roma.
Vorrei portarmi avanti con il lavoro e iniziare e vedere che cosa c’è che non va nella crociata renziana. Non funziona il tema “giovani contro vecchi” per la ragione che ha detto bene Veltroni. Fiorito è giovane, Vittorio Foa era vecchio. Scegliete voi. Non funziona il tema dello scontro fra chi ha il potere e chi no. Renzi e il suo mondo sono incastonati nel potere, parlo di sindaci, manager, gente d’impresa e politici di professione che stanno da sempre là dove si comanda. Renzi non è mai stato nella sua vita all’opposizione e per via paterna non conosce questa sublime esperienza. Non è lo scontro fra modernizzatori e antichisti. Nelle tematiche neo-liberiste di Renzi c’è tutto il passato culturale degli anni Novanta e inizio Duemila che ha portato il mondo a un passo dal baratro.
Capisco chi continua a detestare il keinesismo, ma occorre anche una buona dose di autocritica in chi prospetta ricette che hanno fallito. Non è nemmeno lo scontro fra sostenitori del mercato e statalisti. Oggi il tema si è ingarbugliato perché difficilmente possiamo immaginare una ripresa dell’economia, se qualcuno non aiuta l’impresa e non sostiene le famiglie in difficoltà. Insomma, c’è molta fuffa in giro, compresa l’idea che le nuove generazioni della politica siano attrezzate per fare meglio delle vecchie.
Vorrei ascoltare discorsi più pensosi sull’Italia. Vedo troppa politica-spettacolo, troppo enfasi sulle parole altisonanti e poca propensione a discutere nel merito. Detto questo, è normale che si proponga e che si affermi un radicale avvicendamento. Chi resiste, e giustamente dal suo punto di vista lo fa, ha il dovere di dire a nome di che cosa si resiste. Personalmente sono contrario a un vezzo, anche questo tipicamente italiano e tipicamente trasformista, per cui la storia inizia quando comincia la carriera dei nuovi politici. La storia è iniziata sempre prima di noi. Vale per Grillo, per Renzi e ovviamente per Bersani e Vendola. Invece la sensazione che tutto ricomincia sta diventando ossessiva e ingannatrice. Prendete il documento del centro-sinistra in cui non si parla di Monti. È mai possibile? Capisco che Vendola si voglia chiamar fuori, ma perché fare un documento comune se si decide di ignorare un pezzo fondamentale della storia di oggi e di quella parte di ieri che c’è ancora?
Perché è ormai dilagante l’idea che bisogna scrollarsi di dosso non solo il passato ma anche il presente che sta svanendo. Continuando così, alla fine verrà qualcosa di antico che, come la vecchia risata di sessantottesca memoria, tutto seppellirà.