Nonostante il tanto acclamato governo tecnico, la situazione economica in Italia non è migliorata, anzi si teme sempre più il collasso e questa volta il rischio default non è solo per i conti dello Stato, ma anche e sopratutto per quelli delle famiglie italiane; dati di questi giorni: i risparmi sono al minimo storico e il potere d’acquisto è crollato vertiginosamente. Forse anche un pò per questo si guarda con grande attenzione alle dinamiche politiche del centrosinistra, coalizione che per natura dovrebbe essere più sensibile alle difficoltà economiche delle fasce di reddito medio basse e che al momento pare essere l’unica vera candidata alle prossime elezioni dato che Monti glissa, Berlusconi si nasconde e Montezemolo ha la sindrome da Carlo d’Inghilterra.
Per Bersani, Renzi o Vendola si profila però un compito arduo: scegliere tra il rispetto del Fiscal Compact e l’attuazione di una politica keynesiana o, per dirla in termini più semplici, di forte spesa pubblica per sostenere l’economica: Vendola caldeggia fortemente questa seconda ipotesi e apparentemente anche Bersani. Ma si sa, le crisi sono due, quella dell’economia reale e quella finanziaria, non si può tirare la coperta troppo su di un versante senza rischiare di lasciar scoperto l’altro lato: chi vorrà aumentare la spesa pubblica non potrà non tener conto che per farlo dovrà andare a prendere soldi in prestito sui mercati e l’interesse richiesto potrebbe essere talmente elevato da distruggere ulteriormente i conti pubblici. La sola austerità tanto cara a Monti e alla sua collega tedesca però fin ora non ha dato risultati positivi e perseguire in tal senso oltre che diabolico rischierebbe di essere criminale; nè la si può dar vinta alla teoria di Polillo, secondo la quale qualsiasi governo italiano potrà fare ben poco per l’economia reale. Si può e si deve intervenire, ma dimenticarsi dell’Europa e della crisi finanziaria è irrealistico.
Che fare allora? Bisogna trovare un punto di ottimo, un equilibrio tra le due crisi e le due esigenze, un compito che si preannuncia difficilissimo ma necessario. Hollande pare già essersi arreso a questa idea e ha cambiato decisamente i toni sul fiscal compact: riuscirà a farlo anche la sinistra italiana, da sempre più intransigente e dura? Una coalizione di sinistra potrà accettare di adottare ulteriori tagli se necessari? E se dovesse vincere un ex comunista come Vendola, con quali prospettive potrà inserirsi nel dibattito europeo, tra banche e finanzieri? Non ne sono sicuro, ma il rischio che si prospetta è quello dell’ingovernabilità, con il bisogno di nuove elezioni o di una soluzione tampone per fermare l’urgenza, ossia un Monti bis.
Purtroppo, le scelte di casa nostra oramai vanno inquadrate in un ambito più grande, e il deficit di sovranità che già ci contraddistingue potrebbe aumentare ancora. Forse anche per questo Monti glissa, forse anche per questo il Pdl o quello che dovrebbe essere il futuro centrodestra al momento si estranea: entrambi sanno che il rischio di perdere le prossime elezioni è molto alto ma entrambi sanno che non sarà possibile sfuggire dall’attuazione di alcune politiche, sicuramente più vicine ad una ideologia di destra che di sinistra. La ritirata allora è solo apparente, è strategica; restano fermi in attesa che il Paese venga consegnato nuovamente dall’alto a loro, con i nostri più sinceri ringraziamenti. Una volta si chiamavano avvoltoi, adesso salvatori della Patria o Professori.