Nelle campagne presidenziali statunitensi l’accusa di essere “Soft on communism” è ormai un ricordo del passato, una delle tante facce, ad uso interno, della guerra fredda. Da tempo è stata sostituita da quella di “soft on China“, cioè di essere troppo teneri e accomodanti con Pechino e il suo crescente peso economico e politico. E questa, precisamente, è l’accusa che il candidato repubblicano Romney rivolge puntualmente a Obama, una sorta di cavallo di battaglia che dovrebbe portare consenso: in fondo trovare all’esterno le cause della crisi è un gioco vecchio quanto la storia dell’uomo.
Ma si deve stare attenti. Può succedere che il New York Times faccia saltare il gioco e metta nero su bianco, con l’articolo “As Romney Repeats Trade Message, Bain Maintains China Ties“, la “doppia morale” del candidato repubblicano: da una parte accusa Pechino di sostenere ingiustamente le esportazioni, di tenere artificiosamente basso il valore della sua moneta per facilitare le esportazioni, di rubare la tecnologia americana e intromettersi nei computer aziendali e governativi. Risultato? Se si perdono posti lavoro la colpa e tutta cinese. Ma il problema, sempre secondo l’articolo del New York Times, è proprio Romney non è estraneo a questa perdita di posti.
Nel 2003 la Asimco Technologies, azienda di componenti d’auto, aveva acquistato due stabilimenti in Michigan che impiegavano circa 500 impiegati. Nel 2007 l’azienda chiude e trasferisce la produzione in Cina orientale. Una storia come tante di delocalizzazione se non fosse che dal 2010 la Asimco è di proprietà di Bain Capital, società di private equity fondata da Romney. Inoltre tra le società nelle quali Bain Capital ha investito c’è un produttore, sempre di componenti d’auto, che sta chiudendo una fabbrica in Illinois per spostare la maggior parte delle attrezzature e dei posti di lavoro nella provincia del Jiangsu. Inoltre il candidato repubblicano ha anche investito milioni di dollari in una serie di fondi Bain che hanno una partecipazione di controllo in Sensata Technologies, produttore di sensori e controlli per veicoli, aerei e motori elettrici, che impiega quattromila lavoratori in Cina.
Insomma, Romney più che “hard on China” pare essere “in love with China” anche se un poco sottobanco.