(Es)cogito, ergo sumSe questo è amore

Avere diciassette anni e nessuna voglia di morire. E invece morire, nell’androne di casa, per difendere la propria sorella dalla furia omicida di un un uomo che non accettava di essere stato defene...

Avere diciassette anni e nessuna voglia di morire. E invece morire, nell’androne di casa, per difendere la propria sorella dalla furia omicida di un un uomo che non accettava di essere stato defenestrato dalla sua vita.

Questo non è un episodio di cronaca come tanti, ma il centesimo omicidio di una donna dall’inizio dell’anno. Dietro quel numero c’è un nome e una vita, quella di Carmela Petrucci. Perché si può essere donne anche a diciassette anni soprattutto quando, come Carmela, si sa già cosa si vuole, ma soprattutto cosa non si vuole, diventare.

E Carmela non avrebbe mai voluto diventare una vittima di uomini che odiano le donne, uomini ( e quindi mariti, fidanzati, padri padroni) odiosi interpreti di un incubo per niente onirico. Un incubo di carne e pelle, di lacrime versate e di terrore. Per questa ragione ha fatto scudo con il suo corpo alla sorella che era la vittima designata di quella violenza annientatrice, salvandole la vita.

Leggevo da qualche parte che le donne vittime di quello che è stato soprannominato “femminicidio” sarebbero morte ‘per amore’. Ma quale amore? Vi sembra amore questo?

Dovremmo smetterla, una volta per tutte, di giustificare questa violenza distruttrice con l’alibi dell’amore malato che diventa raptus. La violenza è violenza e non ha alibi. E questo sadico rapporto di possesso che non accetta il rifiuto è la cosa più lontana dal Cantico dei cantici, dalla poesia all’amore che invece dovrebbe regolare il mondo.

Quante donne soffrono in silenzio? Quante non hanno neanche la forza di gridare perché hanno paura? Sono donne come noi, forse solo più fragili, nostre sorelle che la vita ha voluto vittime e che la legge e le istituzioni non riescono a proteggere dai loro carnefici.

Eppure l’arma di difesa è nelle loro mani, ed è, come molte cose, semplici a dirsi e difficile a farsi: raccontare, denunciare, gridare, chiedere aiuto. Lo devono innanzitutto a loro stesse ma, soprattutto, a Carmela e a tutte le donne ammazzate prima di lei, anche per poter tornare a credere che l’amore, quello vero, esiste. E non uccide.

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