I sondaggi diffusi in queste ore dicono che questa giornata sarà ricordata come l’ultima della Seconda repubblica o la prima della Terza. È facile immaginare che se le urne aperte daranno la clamorosa vittoria di cui si dice a Beppe Grillo, i partiti entreranno in confusione. Capiterà soprattutto al Pdl, dove il segretario Alfano dovrà scontrarsi sia con il Beppe Grillo che è fuori di lui sia con quello che ha al suo interno rappresentato dal due Berlusconi-Santanchè.
Anche per il Pd suonerà la campana dell’ultimo giro perché i tre concorrenti principali delle primarie o troveranno il linguaggio e le proposte per attirare voti elettorali che navigano a larghe bracciate verso il Movimento 5 stelle, oppure non sapranno che farsene della vittoria nelle primarie.
Il cosiddetto Centro scoprirà invece come arrivare tardi in politica sia l’errore principale e questo vale per Casini ma soprattutto per Montezemolo, che ha sprecato una grande occasione sopraffatto da paure e titubanze. Monti potrebbe vedere il suo governo ancora più traballante in parlamento, ma la sua personale posizione sarebbe ulteriormente favorita in quanto si presenterebbe agli occhi dei più responsabili come l’unico traghettatore in grado di portare l’Italia squassata nella politica fuori dai marosi della inevitabile ondata d’urto di mercati sfiduciati sulle possibilità di ripresa del paese.
Insomma, niente di nuovo e niente che non si sia già detto o scritto, solo che tutto avrebbe una grande accelerazione, nel senso di un approfondimento della crisi. L’unica cosa sconsigliabile per chi fa politica in modo professionale e serio è di farsi prendere dal panico. L’ondata grillina, per quanto travolgente, indica l’acuirsi della malattia e non già la soluzione del problema. Anche Grillo, se dovesse vincere o andare molto bene nel voto siciliano, si troverà a dover dire qualcosa di più su quel che vuol fare dell’Italia nel caso il suo successo si replicherà a livello nazionale. I suoi supporter sosterranno che l’ha già detto, ma non possono negare che anche il più roseo risultato non gli darà comunque, in Italia e forse anche in Sicilia, la forza per fare da solo.
Un elettore di sinistra in una situazione come questa deve attendersi che il suo partito o la sua coalizione sia in grado di unirsi e di lanciare un ponte verso il mondo moderato anche a prezzo di qualche rinuncia programmatica. Non è stagione di radicalismi. Non è tempo di far valere identità assolute ma di mescolarsi con altri per trovare un punto di equilibrio che garantisca governabilità. Il centro-sinistra dovrà fare fino in fondo i conti con quel che Monti rappresenta.
È già un passo in avanti l’aver sostenuto, come hanno fatto Bersani e D’Alema, che il professore non deve tornare alla Bocconi. Ma forse non basta. Se Monti rappresenta idealmente e praticamente un blocco di moderazione politica, allora per la sinistra il tema non è quello di sistemarlo in una casella perché venga premiata la sua competenza ma quello di far pesare le idee che rappresenta.
L’alleanza con i moderati è l’unica arma che la sinistra ha avuto per governare il paese. Ogni volta che l’ha affrontata, sia scegliendo il cattolico Prodi sia avvalendosi persino del partitino di Dini, ha vinto. Ogni volta che ha preferito l’ammucchiata o il radicalismo ha perso.
Le primarie quindi dovrebbero in queste ore trasformarsi piuttosto che in una gara fra tre concorrenti in una competizione sulle ricette giuste per fronteggiare una situazione che può sfuggire di mano. Renzi sembra proporre il nuovo partito a vocazione maggioritaria. Una bella idea che ha già fallito. Bersani mostra di volere essere più realista. Nichi raggruppa quel mondo radicale che non vuole sottrarsi a più ardue battaglie per il governo. Fateci capire un po’ di più, perché rottamazione, bagarre generazionali e crisi identitarie ci hanno rotto i c. ..ni.